La Bergamo romana che non si vede
Scavi della Mai, 18 anni di burocrazia

Alle spalle della biblioteca Mai c’è un pezzo di Bergamo romana che da 18 anni attende di essere mostrata al pubblico. Una grande domus sulla quale, in epoca medievale, venne edificata un’altra abitazione di pregio

Alle spalle della biblioteca Mai c’è un pezzo di Bergamo romana che da 18 anni attende di essere mostrata al pubblico. Una grande domus - se ne vedono i muri, il pozzo, i pavimenti in cocciopesto e a mosaico, tracce di tre secoli di storia, dal I a.C. al II d.C. - sulla quale, in epoca medievale, venne edificata un’altra abitazione di pregio, in parte ancora visibile.

Il sito, portato alla luce nella seconda metà degli anni Ottanta tra le via Rivola e Aquila nera durante i lavori di ampliamento della biblioteca (mai realizzati a causa del ritrovamento), è protetto dal 1996 da un’ampia struttura in vetro e cemento.

Gli scavi sono finiti da tempo, i reperti rinvenuti sono custoditi al Museo archeologico, l’impianto di illuminazione è funzionante. Ma l’area non è visitabile, come dimostrano le erbacce cresciute tra le pietre, la sedia impolverata di un custode che non c’è mai stato, le vetrate oscurate dallo sporco. Accesso vietato.

Manca la convenzione tra il Comune, proprietario dell’area, e la Sovrintendenza ai beni archeologici della Lombardia. O meglio, la convenzione ci sarebbe, un protocollo d’intesa siglato nel 2002 e mai reso operativo. Nei faldoni conservati a Milano c’è una copia dell’accordo che potrebbe venire rinnovato - risparmiando tempo prezioso e lavoro agli uffici - per arrivare al secondo passo indispensabile per l’apertura: un progetto di valorizzazione del sito, a cura del Museo archeologico, da sottoporre alla Sovrintendenza.

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