Potere d’acquisto calato del 10%
Tassazione aumentata del 20%

Dal 2010 al 2012 le retribuzioni nette dei lavoratori dipendenti sono diminuite di 64 euro al mese, passando da una media di 1.328 euro a 1.264 euro. A fine biennio, se si considerano 13 mensilità, un lavoratore ha incassato in un anno 832 euro meno del 2010.

Dal 2010 al 2012 le retribuzioni nette dei lavoratori dipendenti sono diminuite di 64 euro al mese, passando da una media di 1.328 euro a 1.264 euro. A fine biennio, se si considerano 13 mensilità, un lavoratore ha incassato in un anno 832 euro meno del 2010.

Lo si legge nel rapporto sulle economie regionali di Bankitalia, che rileva anche ampie differenze territoriali. In particolare, nel 2012, un dipendente guadagnava mediamente 1.316 euro (a prezzi del 2012) nel Nord Ovest, 1.293 euro nel Nord Est, 1.252 euro al Centro e 1.189 euro al Sud e nelle Isole. A livello di comparti, le retribuzioni scendono da 1.360 a 1.344 euro nell’industria in senso stretto, da 1.269 a 1.249 euro nelle costruzioni, da 1.284 a 1.217 euro nei servizi di mercato e da 1.384 a 1.286 euro nei servizi di non mercato. Nel settore privato il calo è da 1.301 a 1.254 euro.

Non si discostano di molto le proiezioni fatte sulla nostra provincia dall’Osservatorio CISL sulle politiche fiscali, che ha redatto recentemente il suo quarto rapporto annuale e un confronto 2008/2012 sui dati fiscali (elaborati sulle oltre 600.000 dichiarazione rese ai CAAF CISL regionali).

Dallo studio presentato da Giorgio Caprioli, responsabile del Centro Studi della CISL Regionale, emerge che nei cinque anni dell’indagine il reddito medio è aumentato per i dipendenti del 4,90%. A fronte di un’inflazione che, nello stesso periodo è stata dell’11,70% possiamo registrare una perdita del potere d’acquisto del -6,8%. Per i pensionati va un po’ meglio perchè le pensioni aumentano del 7,45%, con una perdita del potere d’acquisto del 4,25%.

“Questo dato – ci spiega Caprioli - è possibile, nonostante il blocco della rivalutazione delle pensioni, per il graduale sostituirsi delle pensioni basse, tipiche del primo dopoguerra, con pensioni più alte, caratteristiche delle classi d’età che sono andate in pensione più tardi, caratterizzate da una maggior regolarità nei versamenti contributivi”.

Si segnala in particolare la perdita di salario monetario che si registra tra i dipendenti nelle classi inferiori ai 29 anni e superiori ai 60 anni. L’imposta media pagata dai dipendenti in Lombardia sale dal 18,77% al 21,66% con un aumento della pressione fiscale del 2,89% e un aumento dell’imposta del 15,41%.

L’imposta media pagata dai pensionati sale dal 16,57% al 19,93% con un aumento della pressione fiscale del 3,36% e un aumento dell’imposta del 20,29%.

Per quanto riguarda i dati prettamente bergamaschi, nei cinque anni presi in considerazione il reddito medio per i dipendenti è aumentato del 2,59%, a fronte di un’inflazione del 11,70%. Possiamo registrare una perdita del potere d’acquisto del 9,11%.

Nelle diverse classi d’età le uniche che superano l’inflazione sono quella dai 65 ai 69 anni e quella superiore agli 80 anni.

Per i pensionati l’aumento è del 7,98% e, conseguentemente, la perdita del potere d’acquisto è del 3,72%. Questo dato, nonostante il blocco della rivalutazione delle pensioni è possibile per il naturale sostituirsi delle pensioni basse, tipiche del primo dopoguerra, con pensioni più alte, caratteristiche delle classi d’età che sono andate in pensione più tardi, con una maggior regolarità dei versamenti contributivi.

Sia nei dipendenti che nei pensionati le donne fanno peggio degli uomini: nei dipendenti 2,11% contro 3,60%, nei pensionati 5,30% contro 8,96%. E’ il segno che, in questa provincia la parità uomo-donna anziché avanzare si allontana. A fronte di aumenti del reddito insufficienti a tenere il passo con l’inflazione abbiamo un pesantissimo aumento della tassazione. Questa infatti passa per i dipendenti dal 17,38% al 20,53%, con un aumento del 21,79% se guardiamo alla cifra assoluta, e della pressione fiscale del 3,15%.

Per i pensionati il conto è ancor più salato. Essi passano da un’imposizione media del 15,63% ad una del 19,02%, con un aumento del 32,74%, guardando alla cifra assoluta, e della pressione fiscale del 3,39%.

Diverso l’andamento per città e provincia. Se per i dipendenti il conto è più salato per i cittadini, che pagano, in cifra assoluta il 21,30% in più in provincia e il 26,15% nel capoluogo, per i pensionati le parti si rovesciano: abbiamo un 32,86 in più in provincia e un 30,82 in città.

Per i dipendenti c’è un trasferimento dalle classi di reddito più basse (fino ai 30.000 euro) alle più alte, segno che la mobilità del reddito è attiva nonostante la crisi.

Per i pensionati avviene lo stesso movimento verso l’alto anche se limitato alla classe di reddito più bassa (da 0 a 15.000 euro), che si svuota a favore di tutte e tre le classi successive.

Questa analisi, relative all’andamento dei redditi di lavoratori dipendenti e pensionati messe a disposizione dal CAF CISL di Bergamo, rappresentano sicuramente un campione molto significativo del territorio, dal momento che sono oltre 135000 le dichiarazioni dei redditi inoltrate in tutta la nostra provincia attraverso gli uffici fiscali della CISL orobica.

Si evidenza con forza il dato in incremento della pressione fiscale su lavoratori e pensionati.

“Le politiche di rigore e di risanamento di questi anni – sottolinea Ferdinando Piccinini, segretario generale della CISL - hanno gravato solo sulle spalle dei soliti noti, lavoratori e pensionati, non incidendo sulle ampie fasce di ricchezza, soprattutto finanziaria, presenti nel paese come nel nostro territorio.

Emerge ancora una volta la profonda iniquità del sistema fiscale del nostro paese che va assolutamente affrontato come elemento di priorità. Occorre riposizionare i redditi di lavoratori e pensionati con interventi ben più consistenti e coraggiosi da quelli proposti dal governo nella manovra di stabilità. Una riforma fiscale che alleggerisca le imposte sul lavoro e sulla pensione è la priorità del paese.

L’erosione dei redditi dovuta all’incremento della pressione fiscale e dal mancato recupero dell’inflazione dimostrano una dinamica profonda di impoverimento complessivo soprattutto dei ceti più deboli.

Per questo occorre sviluppare anche un confronto territoriale con gli enti locali per evitare che la diminuzione dei trasferimenti ai comuni si trasformino in un ulteriore e insostenibile aumento della pressione fiscale locale e delle tariffe”.

“L’aumento della distanza nei redditi tra i generi – continua Piccinini - dimostra l’urgenza di facilitare e definire politiche di conciliazione per una valorizzazione del lavoro femminile, in termini di quantità e di qualità (la nostra provincia ha ancora uno di tassi più bassi di attività sul lavoro femminile) di lavoro e di reddito. La conciliazione è una delle vie maestre per permettere una effettiva parità nella permanenza al lavoro, nella qualificazione del lavoro e nei percorsi di carriera. Anche su versante del lavoro giovanile assistiamo dal 2008 ad un perdita costante del reddito medio nelle classi di età dai 18 ai 29 anni. Un segnale di allarme che deve fare riflettere tutti. Il graduale spostamento verso fasce di reddito più alte che comunque esiste, anche se debole, nonostante la crisi, per lavoratori e pensionati è invece precluso ai nostri. Questo segna un’altra priorità per investire con più coraggio sulla qualità del lavoro giovanile, contrastando l’eccessiva precarietà che contraddistingue il lavoro dei nostri giovani”.

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