La strada di Bergoglio: il no alla guerra è l’unica strada

Con il cuore straziato… Papa Francesco si affaccia su piazza San Pietro con il volto provato. Il ginocchio malato lo fa soffrire. Si appoggia con la mano al bordo della finestra, ma è chiaro che la sua preoccupazione riguarda ben altro. E pronuncia quelle tre parole che lasciano attoniti. C’è il «cuore straziato» di un anziano pontefice ad abbracciare l’umanità che chi fa la guerra dimentica. C’è una Chiesa che lavora di cucito per trovare una strada che almeno fermi il fragore delle armi. Poi si vedrà. Ma intanto ci sono i giorni «sconvolti», che ormai sono quattro, giorni con il cuore straziato.

Bergoglio ha cercato ogni strada, è stato perfino all’ambasciata russa, gesto clamoroso, un viaggio di poche centinaia di metri fuori dal Vaticano, eppure un grande viaggio di un Papa ostinato a cercare uno spiraglio oltre ogni protocollo. C’è un solo precedente che potrebbe assomigliare al gesto di Bergoglio e cioè quando Giovanni Paolo II nel 1982 in piena guerra tra Regno Unito e Argentina, che aveva invaso il territorio inglese delle Isole Falkland, andò prima a Londra e poi a Buenos Aires, dopo aver inviato lettere ai leader dei due Paesi per scongiurarli di smettere, intavolare trattative, evitare sofferenze alla popolazione. Il generale Gualtieri e Margareth Thatcher non presero in considerazione le parole del Papa, nessuna risposta, nessun ripensamento. C’era un viaggio già programmato da lì a pochi giorni a Londra. Wojtyla decise di andarci ugualmente e annunciò che subito dopo sarebbe volato anche in Argentina.

È la chiave della diplomazia vaticana che lavora con discrezione, ma che intreccia nel silenzio anche gesti clamorosi. Come appunto ha fatto Francesco percorrendo quei pochi metri per mettere piede nel territorio russo dell’ambasciata di Mosca. In questi giorni di guerra non ha mai taciuto. Ha pubblicato tweet in russo e in ucraino sui suoi account seguiti da milioni di persone. Perché questa è anche la prima guerra in Europa nel segno dei social a differenza della penultima nei Balcani. Ha telefonato al leader assediato di Kiev, ha parlato con l’arcivescovo greco-cattolico ucraino e ha indetto una giornata di preghiera e digiuno il 2 marzo mercoledì delle Ceneri, inizio della Quaresima. Francesco come San Francesco, che ottocento anni fa andò direttamente in Egitto per trattare con il Sultano per la fine dei massacri della quinta Crociata.

Cosa farà ancora? Ci sono le parole del Segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, sul tempo che sempre c’è per il negoziato a indicare la soluzione auspicata dalla Santa Sede. È la stessa visione di Karol Wojtyla, quando solo contro tutto il mondo pronto ad infilarsi l’elmetto in testa e muovere guerra a Saddam, scongiurava di evitare il conflitto e mandava il cardinale Etchegaray a Bagdad nella tana del lupo. Ieri all’Angelus Bergoglio ha aggiunto un altro capitolo al suo disperato tentativo di far qualcosa «con il cuore straziato», perché tacciano le armi. Ha inchiodato sul pianeta le parole dell’articolo 11 della Costituzione italiana, la migliore del mondo, soprattutto per quello che è scritto nella prima parte sui diritti e sui doveri, principi fondamentali da ieri spalmati per indicazione di un Papa sulla coscienza di un mondo che danza pericolosamente con la necessità della guerra. Non c’è solo l’Ucraina, c’è tutto il resto della Terza guerra mondiale a pezzi Yemen, Siria, Etiopia… Bergoglio ieri ha chiesto di sottoscrivere un grande patto con le parole della nostra Costituzione, quelle dell’art. 11, per ripudiare la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Non c’è altro di così ben scritto, non c’è altro di così ben chiaro. Per l’Italia, nel giorno in cui il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Firenze pregava per la pace nella Messa di chiusura del summit dei vescovi e sindaci del Mediterraneo, è un grande onore, ma è anche un vincolo, anzi un obbligo da perseguire con diligenza testarda nell’«ora più buia». Per la Santa Sede appropriarsi di quelle parole dimostra la preoccupazione del Papa circa una drammatica destabilizzazione dietro l’angolo della convivenza tra le nazioni. Oltre Kiev, oltre Mosca.

© RIPRODUZIONE RISERVATA