«Dall’Erasmus con l’Unibg la mia vita all’estero fino all’Australia»

«La curiosità di esplorare il mondo mi ha spinto a essere dove sono oggi». Si racconta così Federico Triolo, 31enne originario di Rovetta, che sin dai tempi dell’università ha iniziato a viaggiare e ora, dal 2017, vive oltreoceano, in Australia.
«Il mio percorso di studi – racconta – rispecchia una curiosità per l’oltre confine. Infatti, credo che uno dei modi più profondi che abbiamo per conoscerci sia quello di misurarci in diversi ambienti, l’estero uno è di questi. Ho frequentato la triennale di Economia e commercio all’Università degli studi di Bergamo. Durante quel periodo volevo imparare l’inglese e vivere all’estero. Fortunatamente sono riuscito a ottenere una borsa di studio Erasmus per Cipro: un’esperienza che mi ha profondamente cambiato e aperto gli occhi verso nuovi orizzonti. Da lì, l’idea di fare un master all’estero, in un Paese dove il livello di studi è alto, dove si potesse parlare inglese e le tasse universitarie fossero basse. Danimarca è stata la scelta e ho studiato Marketing, Globalization, and Culture. Da lì ho ottenuto una borsa di studio per un semestre di scambio a Seoul, in Corea, prima di rientrare in Danimarca per terminare gli studi».

Dopo aver trascorso un periodo anche in Spagna, dove ha lavorato in una multinazionale operativa nell’ambito del marketing digitale, dal settembre 2017 si è trasferito nella terra dei canguri. Prima qualche mese nella capitale, a Sydney, e poi Melbourne, dove risiede attualmente.

«Dopo un periodo di alcuni mesi a Sydney – prosegue –, dove lavoravo per la stessa azienda spagnola, ho ottenuto una posizione per un dottorato alla Rmit (Royal Melbourne Institute of Technology), e da inizio 2018 sono qua. Ricerco come i consumatori e i mercati possano diventare sostenibili; e i significati culturali che prodotti come il caffè possono assumere attraverso diverse ideologie, e la loro manifestazione nel corso tempo. Allo stesso tempo, nella stessa università, sono docente del corso Buyer Behaviour, ossia comportamento del consumatore. Tra vari concetti, ci focalizziamo su come le persone hanno emozioni, prospettive, motivazioni, attitudini e su come queste possano influenzare le nostre abitudini e scelte. Ricordo spesso agli studenti che siamo tutte persone e non nasciamo “consumatori”, e su come il marketing – che ha una brutta reputazione – possa essere strumento per ottenere una società migliore, più equa, e che tenga conto delle differenze e difficoltà come un’opportunità e non viceversa. L’approccio educativo in Australia è più improntato su una conoscenza che viene condivisa dagli studenti, dove cerchiamo di ampliare più prospettive e pensieri critici possibili, piuttosto che avere una forma di insegnamento dall’università verso gli studenti. Viviamo tutti in un mondo dove l’informazione è letteralmente a portata di mano, ma entrare in profondità di concetti, applicarli nelle realtà e utilizzare immaginazione e creatività richiede altre competenze».

«L’Australia è un Paese in cui sognavo di vivere da tantissimi anni – ricorda –. Sinceramente non so bene il perché, non amo il surf e non avevo in mente una città che mi “chiamasse” o attirasse in particolare, ma credo che parlare in lingua inglese in un posto caldo, esotico, lontano, con il mare e socialmente all’avanguardia siano stati i fattori principali di questa scelta. Mi aspettavo un posto rilassante, multiculturale, dove le capacità personali vengono premiate, con una cultura aperta al diverso, che non giudica per reddito o colore. E questo è effettivamente quanto ho trovato in questa terra». Una città attiva, colorata, naturalistica. «Melbourne è una città molto viva – sottolinea il rovettese –, piena di locali e ristoranti da scoprire. Mercati della frutta che la sera si trasformano in street food: sembra di essere in Asia. Concerti all’aperto, mostre, eventi sportivi come Formula 1 e Australian Open. È una città molto viva e multiculturale, riconosciuta per essere il centro culturale e gastronomico australiano. Tra le cose che apprezzo maggiormente vi sono la qualità della vita, la natura; ci sono anche i pappagalli in città. Si può raggiungere il mare, lago, parchi stupendi e centro città nel giro di chilometri quadrati. Uscendo dalla città ci sono posti fatati come la Great Ocean Road, una strada che costeggia l’oceano e dove puoi fermarti a vedere i koala».

«È difficile essere lontano dall’Italia e dai miei cari in questo momento storico – confessa il 31enne –: è tra le nazioni ad aver sofferto di più per la pandemia, e spero di trovare una situazione migliore quando tornerò. In questo momento non mi chiedo per quanto resterò in Australia, sto bene qui, è un posto in cui mi sento felice. Sicuramente un giorno penso di tornare, ma la verità è che nessuno può saperlo. La vita è imprevedibile per natura e cerco di godermi il presente in serenità. Tante e poche sono le differenze tra Australia e Italia. Credo principalmente, una su tutte, il come diverse culture possano coesistere. Puoi trovare persone e cibi provenienti da ogni parte del mondo. È una fortuna. Al lavoro, il livello gerarchico è sottile, e le convenzioni d’apparenza, per esempio come ti vesti, quasi inesistenti. Professori universitari possono venire in ufficio in infradito, e con tatuaggi. Quello che conta è chi sei, non come ti poni per esserlo. Melbourne, durante il periodo del secondo dopoguerra, è stata una città oggetto di un alto tasso di immigrazione proveniente dalla nostra penisola. Per questo infatti bevo caffè buonissimo, mangio gelati e pizze altrettanto deliziose. Il cibo buono qui non manca. Si sente invece la nostalgia di famiglia, amici: condividere momenti con persone che ami ha sempre un sapore speciale. Mi mancano le strade antiche, le bellezze storiche, i profumi di una sagra di paese, e i nonnini che bevono un espresso o un calice leggendo il giornale. E sì...mancano anche gli aperitivi. Spero di tornare presto e trovare l’Italia libera dal Covid».

Essere più vicini ai bergamaschi che vivono all’estero e raccogliere le loro esperienze in giro per il mondo: è per questo che è nato il progetto «Bergamo senza confini» promosso da «L’Eco di Bergamo» in collaborazione con la Fondazione della comunità bergamasca onlus. Per chi lo desidera è possibile ricevere gratuitamente per un anno l’edizione digitale del giornale e raccontare la propria storia. Per aderire scrivete a: [email protected].

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