Mais, in 8 anni produzione crollata: «A rischio le forniture di latte e carne»

In Bergamasca. Nel 2022 si è assistito anche a una riduzione delle superfici coltivate. Si studiano nuove varietà.

La Giornata del mais, organizzata dal Crea di Bergamo, ha permesso un confronto su una a coltura chiave per il sistema agroalimentare italiano, dalla zootecnia alle produzioni Dop simbolo del made in Italy nel mondo. Per un giorno Bergamo è stata la capitale del mais, una coltivazione che solo nel 2022 ha subìto in Bergamasca un calo della produzione vicina al 25%. Un vero tracollo che prosegue la tendenza degli ultimi anni, passati da 1.390.480 quintali del 2014 ai soli 797.925 raccolti nel 2022. Anno nel quale si è assistito anche ad una riduzione delle superfici coltivate, passate dagli 8.780 ettari del 2021 agli 8 mila dello scorso anno, con un calo percentuale vicino al 10%. Calcolando che, secondo i dati Istat ripresi da Coldiretti, nel 2014 gli ettari coltivati si attestavano a 11.640, emerge come in otto anni abbiamo perso un terzo dei terreni disponibili. Come sottolineato durante il convegno organizzato dal Centro di ricerca cerealicoltura e colture industriali, il mais manca praticamente in tutti gli Stati europei, che dipendono fortemente dalle importazioni per poter garantire il proprio fabbisogno interno.

L’incontro organizzato al Kilometro Rosso ha analizzato le problematiche in prospettiva 2027, ricevendo peraltro rassicurazioni dai rappresentanti ministeriali Carmine Genovese e Alfredo Battistini del ministero dell’Agricoltura, che ha manifestato la massima disponibilità (e risorse) per rinnovare il piano di settore del mais 2019-2022 con una programmazione quinquennale. «Le tensioni internazionali non aiutano – hanno fatto presente i relatori del convegno – e si sommano alle problematiche della siccità e dei cambiamenti climatici che hanno riportato la quantità di produzione indietro di decenni. Ora si guarda alla nuova Pac e si punta sulle sperimentazioni delle varietà di mais, in modo da ottenere dati e risultati utili per il futuro del comparto».

La filiera agricola ha riunito intorno allo stesso tavolo esperti e associazioni di categoria, grazie al lavoro di Nicola Pecchioni e di Sabrina Monica Locatelli, rispettivamente direttore e responsabile della sede orobica del Crea, con l’obiettivo di individuare strategie utili ad uscire dall’impasse che rischia di determinare seri problemi già nel breve termine. «La contrazione della superficie a mais – sottolinea il direttore di Coldiretti Bergamo, Carlo Loffreda - contribuisce a rendere più difficoltoso l’approvvigionamento per l’alimentazione zootecnica mettendo a rischio le forniture di latte e carne alle famiglie italiane. La siccità, il caro energia e l’aumento dei costi produttivi hanno inciso pesantemente – conclude Loffreda -. Servono investimenti per aumentare la produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane, ma occorre anche sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto del comparto».

Ernesto Gusmini, referente per la sezione cereali di Confagricoltura Bergamo, aggiunge che «il mais risente del cambiamento climatico con prezzi di produzione alle stelle, motivo per il quale lo scorso febbraio molti agricoltori hanno rinunciato a coltivarlo. La Pac non è stata influenzata dai drammatici eventi di questi anni e Bruxelles ha deciso di non allargare le maglie delle norme, così molte aziende rinunceranno ai contributi dell’Ue per le troppe limitazioni legate alla sostenibilità - conclude Gusmini -. Si è aperta una fase di grande incertezza, nella quale la sicurezza alimentare assume un ruolo strategico».

© RIPRODUZIONE RISERVATA