Afghanistan, per milioni di bambini lo spettro della fame

Le mamme aghane che hanno affidato i propri figli ai soldati e ai diplomatici occidentali sul muro dell’aeroporto di Kabul, hanno compiuto un immenso gesto d’amore, più grande del dolore e della ferita per la separazione dal vincolo di sangue. Non è stato un abbandono ma una consegna a un destino migliore. I figli del resto non sono nostri ma ci sono affidati. Nell’Afghanistan tornato sotto il potere dei talebani non si rischia di morire più di prima per un colpo di kalashnikov o per un attentato terroristico. C’è un male che divampa, poco noto perché le urgenze sono altre. Secondo i dati diffusi dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Unocha) nel Paese asiatico, quasi il 60% della popolazione costretta a lasciare le proprie case nel 2021 è composta da bambini.

In totale quest’anno hanno abbandonato il luogo di residenza in 550.000. La guerra è solo uno dei fattori che devastano l’Afghanistan e coinvolgono i suoi cittadini più piccoli. «La grave crisi alimentare che coinvolge i minori in uno Stato colpito dalla siccità rischia di peggiorare gravemente a causa della sospensione degli aiuti, mettendo in pericolo migliaia di vite» ha avvertito nei giorni scorsi l’organizzazione non governativa «Save the children», ricordando che l’Afghanistan, già prima del ritorno dei talebani, era la seconda nazione a livello globale per numero di persone segnate dall’emergenza fame. Secondo le stime dell’ong, entro quest’anno la metà dei bambini al di sotto dei 5 anni è a rischio di malnutrizione acuta e avrà bisogno di trattamenti specifici per poter sopravvivere. A giugno è stato dichiarato ufficialmente lo stato di siccità per la seconda volta in quattro anni. Un rapporto di giugno del Programma alimentare mondiale dell’Onu segnala 14 milioni di afghani - oltre un terzo della popolazione - colpiti dalla fame e una carenza di fondi per fornire assistenza adeguata. Tra loro si contavano circa due milioni di bambini dipendenti dagli aiuti alimentari. Come se non bastasse, segnala l’Onu, nella zona di Kabul potrebbero esserci minori che nella calca e nella fuga verso l’aeroporto hanno perso i genitori, possono essere rimasti schiacciati, non sono accompagnati e vanno censiti d’urgenza per ricongiungerli ai parenti o a padri e madri.

«Save the children» ha registrato un’impennata dei prezzi dei beni di prima necessità proprio in seguito alla siccità: fino al 63% nell’ultimo mese per farina, benzina, legumi e gas. Secondo un sondaggio condotto dalla ong, all’inizio di questo mese su 630 nuove famiglie sfollate a Kabul, tutte si sono dovute indebitare per acquistare cibo: molte sono state costrette a vendere i loro beni, ridurre i pasti o mandare i figli a lavorare per comprare il cibo. Ora potrebbe essere ancora più difficile acquistare beni alimentari a causa dell’inoperatività di banche e sportelli automatici, che impedisce alle persone di accedere ai propri risparmi.

E come se non bastasse c’è un’emergenza coronavirus sottovalutata. Secondo un’altra organizzazione non governativa presente nella capitale afghana, l’italiana «Emergency», «la situazione è drammatica, i Covid hospital non hanno più posti letto, non esistono vere terapie intensive, c’è un’enorme difficoltà a reperire ossigeno». I numeri ufficiali di contagi e morti sono ampiamente sottostimati. Uno dei problemi principali è infatti la poca diffusione dei tamponi che, riporta Emergency, non vengono eseguiti: «Tutta l’area rurale del Paese non ha alcuna capacità di testare nemmeno i pazienti sintomatici». Per di più, negli ultimi giorni le cure sanitarie si sono paralizzate. Solo una minima parte degli afghani è stata immunizzata: si parla di 1,8 milioni di dosi inoculate e 219 mila persone che hanno completato il ciclo, lo 0,58% della popolazione. I talebani poi avrebbero già bloccato la campagna vaccinale nelle province orientali sotto il loro controllo. Storicamente sono contrari alle immunizzazioni. Nel caso del vaccino anti-poliomielite, ostacolarono con le armi il lavoro dei sanitari.

A monte c’è un potere ancora precario e una grande domanda sulle risorse con le quali gli studenti coranici potranno gestire lo Stato. Nel 2020 gli aiuti internazionali coprivano l’80% delle spese governative (17 miliardi di dollari all’anno) e lo Stato contava su 9 miliardi di dollari di riserve, ora congelati all’estero per decisione degli Usa. In un altro Paese sventurato e dimenticato, la Siria, quest’inverno decine di bambini sono morti di freddo, altre continuano a perdere la vita per le bombe e per la fame. Come biasimare le madri che spingono i propri figli a emigrare?

© RIPRODUZIONE RISERVATA