Dove va l’Italia, le fragilità politiche

MONDO. Romano Prodi, durante un dibattito all’Ispi, ha fotografato la linea del governo italiano sull’Ucraina così: «Giorgia Meloni sta con Trump, Salvini con Putin e Tajani con l’Europa: ma dove andiamo?».

Di fatto non sono senza conseguenze anche di politica interna, i ripetuti attacchi di Trump all’Europa «decadente», ai suoi leader «deboli e inconcludenti», e ancora a Zelensky, definito ieri «un piazzista» proprio mentre il leader ucraino si trovava a colloquio a Roma con Giorgia Meloni dopo il vertice dei «Volenterosi» a Londra. Conseguenze che, per esempio, si riverberano sul nuovo pacchetto di aiuti italiani all’Ucraina che sta slittando da un Consiglio dei ministri all’altro per approdare, pare, all’ultima riunione del 2025, due giorni prima di Natale. Si sa che è Salvini a rallentare l’approvazione: non passa giorno senza che il leader leghista dica che non si può ancora spendere «i soldi dei pensionati» ai «corrotti di Kiev» e che bisogna finirla con la «linea bellicista della Ue»: certo la Lega al momento decisivo non farà mancare il suo voto - altrimenti si aprirebbe una crisi di governo che nessuno vuole - ma i continui distinguo non fanno che logorare l’atmosfera all’interno del governo e della maggioranza. Come dimostrano le continue polemiche contro il piano di riarmo europeo e di quello nazionale portato avanti dal ministro della Difesa Crosetto.

Le anime del governo italiano

Per non farsi mancare nulla, si è aperta un’altra crepa nella maggioranza sul diritto di veto nelle votazioni europee. Il ministro degli Esteri Tajani si è schierato a favore dell’abolizione di un istituto che rende l’Ue continuamente in bilico e comunque debole, ma subito un esponente di peso di Fratelli d’Italia come il capogruppo Donzelli, è scattato a difesa del diritto di veto «che rende più forte l’Italia»: una difesa «sovranista» che in questo momento significa sostanzialmente dare una mano all’ungherese Orban, quello che approfitta sempre della possibilità che gli viene data di schierarsi a favore di Mosca.

Non che le cose nell’opposizione vadano meglio, anzi. Pd e M5S su molti dossier la pensano in maniera diversa. Mentre il partito della Schlein è stato sempre coerente nella difesa dell’Ucraina e ha accettato l’invio degli aiuti anche in armi (mantenendosi fedele all’impostazione inflessibile del Quirinale), viceversa Conte - con gli stessi argomenti di Salvini - è contrario a nuovi pacchetti di misure di sostegno. Sul tema del riarmo nazionale (e anche della leva «volontaria» evocata da Crosetto) le posizioni sono meno nette. Il Pd di Schlein infatti è molto sensibile al consenso dei movimenti pacifisti e quindi stenta a definire la sua linea anche perché dall’interno, i moderati come Guerini, presidente del Copasir, da tempo sono apertamente d’accordo con Crosetto.

Il ruolo delle opposizioni

Molto più netta la posizione di Giuseppe Conte il quale - ancora una volta con gli stessi argomenti di Salvini - è contrarissimo a destinare risorse aggiuntive alla Difesa. Anche il duo Fratoianni&Bonelli si schiera contro l’aumento delle spese per le armi al pari della sinistra interna del Pd.

In definitiva, gli attacchi di Trump agiscono da catalizzatore delle fragilità politiche italiane, mostrando come la questione russo-ucraina, il rapporto con l’Europa e le minacce di Putin, siano sempre più un terreno di scontro interno. La partita non si gioca solo sul piano internazionale, ma anche su quello domestico, dove ogni parola del presidente americano diventa occasione di divisione e di ridefinizione delle alleanze. Questo però al momento non significa che il governo possa correre dei rischi politici dovuti al contrasto tra i partiti.

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