Elezioni in Germania:
riguardano l’Italia

Quando si ritirano i grandi leader, i loro «delfini» o successori designati, pur bravi che siano, hanno, in genere, difficoltà a imporsi all’opinione pubblica e i loro partiti spesso ne escono a pezzi, o quasi. Se si dà credito ai sondaggi d’opinione - a circa due settimane dal voto tedesco – la Germania post Angela Merkel pare destinata a mutare rotta. Il partito socialdemocratico (Spd) sta emergendo come l’Araba fenice dopo anni di legnate elettorali; i Verdi appaiono come la nuova forza con cui fare i conti nel futuro prossimo; sono invece stabili i liberali di (Fdp), l’estrema destra (AfD) e la sinistra di Die Linke. Eppure, quando in primavera i cristiani democratici della Cdu scelsero come successore della cancelliera Armin Laschet - un politico di lungo corso, già governatore dell’influente Renania Nord Westfalia, - la sua strada verso la vittoria veniva considerata sicura.

Sono bastate una risata fuori contesto durante una recente visita nel suo Land, devastato dal maltempo; qualche battuta non troppo meditata e una performance al di sotto delle aspettative nel primo dibattito tivù per mandare in crisi il candidato della Cdu-Csu, Unione addirittura sprofondata nell’abisso della popolarità.

La partita per le legislative del 26 settembre è, però, ancora lunga e potrebbe riservare colpi di scena inaspettati. Il suo esito finale è, comunque, centrale per i destini dell’Unione europea e dell’Italia, in particolare, legata alla Germania da un comune tessuto economico-industriale. Le scelte di Berlino in politica finanziaria e in quella ambientale, ad esempio, condizioneranno quelle di Roma.

Se si sfogliano i programmi delle compagini in lizza si scoprono cose interessati. Premesso che bisognerà contare fino all’ultimo voto per scoprire chi sarà in grado di formare una coalizione governativa, il quadro che emerge è abbastanza chiaro.

A parte Die Linke e AfD, gli altri partiti sono filo-europeisti: per la Cdu/Csu e Spd l’Ue è il punto di riferimento per il futuro della Germania; i Verdi sono per una repubblica federale dell’Ue; Fdp è per uno Stato europeo decentralizzato che abbia come obiettivo finale l’integrazione Ue.

Le ultime quattro formazioni citate sono per estendere le competenze del Parlamento europeo; sono favorevoli al voto qualificato nelle questioni riguardanti la politica estera e di sicurezza Ue; spingono per una Difesa comune e per Forze armate Ue dentro alla Nato. Spd e Verdi intendono proporre una maggiore integrazione dei Balcani occidentali nei Ventisette, mentre Fdp è per la fine dei colloqui di accesso della Turchia.

Posizioni diverse si osservano sulle questioni economiche: Cdu-Csu e Fdp sono contrarie alla mutualizzazione del debito europeo e favorevoli a un rallentamento dell’integrazione economica continentale. Spd, Verdi e Die Linke pongono attenzione alle politiche climatiche e sociali (stipendio minimo Ue, maggiori investimenti pubblici Ue). I socialdemocratici vorrebbero poi trasformare l’attuale Patto di stabilità in un Patto di sostenibilità.

In attesa dei dibattiti tv del 12 e del 19 settembre Laschet è passato al contrattacco, presentando la sua squadra, in cui spicca il «falco» Merz per la politica economica. «Finanze solide», «freno al debito», «stabilità euro nel rispetto regole», i suoi slogan, che gelano i Paesi del cosiddetto «club Mediterranee».

In ultimo, i candidati cancellieri. Comune, è, secondo gli esperti, la mancanza di carisma. Ma il sottovalutato alla vigilia socialdemocratico Olaf Scholz e la 40enne verde Annalena Baerbock paiono avere una marcia in più.

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