L'Editoriale / Bergamo Città
Martedì 18 Novembre 2025
Entrate fiscali, la crescita miglior cura
ITALIA. La discussione sulla legge finanziaria, gli ultimi dati sul Pil in rallentamento, insieme a qualche notizia proveniente dagli Stati Uniti come l’elezione del nuovo sindaco di New York, hanno riproposto il tema fiscale come strumento di differenziazione politica.
La segretaria del Pd ha così ribadito la necessità di un’imposta «europea» sui «grandi» patrimoni avente carattere strutturale: non una una tantum ma annuale. Subito ha replicato la presidente del Consiglio, dichiarando che fintanto che resta in carica questo Governo la questione è esclusa dall’ordine del giorno. La polemica è nata in seguito all’audizione del presidente dell’Istat che ha dichiarato come la riduzione dell’aliquota Irpef, dal 35 al 33% fino a 200mila euro di reddito lordo annuo, abbia beneficiato per «oltre l’85% delle risorse le famiglie dei quinti più ricchi della distribuzione del reddito». Questa affermazione, comprensibile nel linguaggio della statistica, è stata tuttavia interpretata da molti media come un beneficio a favore dei soli ricchi. Un’accusa che il Governo ha respinto sottolineando come l’intervento si applica in realtà a quello che viene definito «ceto medio» e che la riduzione è relativa alla seconda aliquota Irpef, quella dei redditi compresi tra 28mila e 50mila euro lordi all’anno.
Bisogni sociali crescenti
È davvero un peccato, oltre che ingiusto, impostare una polemica in questo modo. I bisogni sociali esistono e sono crescenti, anche solo per il semplice invecchiamento della popolazione e la bassissima natalità, e rappresentano certamente un argomento di necessario intervento politico. Ma esiste anche una società, quella europea, dove la pressione fiscale ha raggiunto livelli molto elevati rispetto al prodotto interno lordo, ben maggiori di quelli degli Stati Uniti che, a tal riguardo, non rappresentano un termine di paragone. Strumentalizzare a fini politici problemi reali di questa portata significa, alla fine, fuggire dalla realtà. E proporre una patrimoniale di livello europeo, in quanto del tutto inattuabile a livello pratico, non serve a nulla se non ad alimentare una sterile polemica. Non solo tra le forze politiche, ma nell’intera società, etichettando come «egoisti» tutti coloro che dissentono da questa proposta. E facendo dimenticare non solo il fatto che chi paga un po’ più di tasse della media sul reddito non è un privilegiato ma una persona che per studio o per impegno lavorativo ha raggiunto un minimo di benessere, nonché il fatto che l’economia sommersa, quella che sfugge ad ogni aliquota, nel nostro Paese è tornata ai livelli passati rappresentando quasi il 10% della ricchezza nazionale.
Ciò che dovrebbe essere oggetto di attenzione, proprio per rispondere ai crescenti bisogni sociali, ad esempio, è semmai lo squilibrio tra redditi diversi, purtroppo non sempre del tutto sanabile per via della diversa mobilità degli stessi (si pensi ai redditi finanziari); è, ad esempio, l’efficienza e l’efficacia della spesa pubblica, con bonus e incentivi che spesso avvantaggiano soggetti non bisognosi o sono frutto di politiche ideologiche (si pensi all’energia e all’auto); è, infine, il far pagare a tutti il giusto, ricordando che la Repubblica italiana è fondata sul lavoro. Quel lavoro che crea la ricchezza che poi può essere distribuita.
La crescita economica
Dibattiamo allora su come creare la ricchezza, ossia favorire la crescita economica, che è poi funzionale anche all’equità. Una maggiore crescita dell’1% comporta maggiori entrate fiscali per oltre 10 miliardi. La crescita significa maggiore produttività, meno burocrazia, meno scartoffie e un utilizzo pieno delle nuove tecnologie. Questo porta con sè anche risparmi nella spesa pubblica che possono essere dirottati su impieghi migliori, amplificando l’effetto della maggior crescita. Discutiamo di come favorire la crescita dell’Italia ora che, finito il Pnrr, siamo ritornati allo zero virgola e al di sotto della media europea. Pensare alla crescita, inoltre, non già per mantra ideologico, ma come pensiero positivo al futuro è il modo migliore anche per le opposizioni per stimolare il Governo.
In un mondo che si sta progressivamente radicalizzando, la crescita è anche obiettivo comune e interesse generale e corrisponde alla dura ricerca dell’equilibrio, termine peraltro che deriva dal latino «aequilibrium» e che esprime la combinazione di due parole, uguaglianza (aequus) e bilancia (libra). E che è ben lontano dagli equilibrismi di chi, buttando la palla in tribuna, dichiara di non voler giocare.
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