I crimini sconosciuti e il ruolo dell’Onu

MONDO. Si può dire tutto il male possibile dell’Onu ma non delle sue agenzie che curano le piaghe del mondo. Ad esempio l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati opera in 137 Paesi ed ha in carico 89 milioni di persone fuggite da guerre e carestie.

Gli operatori del Palazzo di Vetro sono sentinelle nei territori segnati da violenze ed emettono periodicamente rapporti che andrebbero conosciuti. La barbarie in corso nella Striscia di Gaza è di tale gravità da aver oscurato ciò che accade altrove, mentre immense tragedie come quelle in corso in Sudan, Congo o Myanmar non hanno mai avuto la ribalta mediatica e politica necessaria. Nei giorni scorsi la Commissione internazionale d’inchiesta dell’Onu ha accusato la Russia di crimini contro l’umanità per gli attacchi coordinati e organizzati volti a trasferire forzatamente la popolazione ucraina dai territori che Mosca ha annesso militarmente e illegalmente. «Il terrore instillato nella popolazione ha costretto migliaia di persone a fuggire» ha denunciato il presidente della Commissione Erik Mose davanti al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, riunito a Ginevra. Secondo le indagini della Commissione, gli attacchi con droni e le deportazioni «rivelano sforzi coordinati e organizzati da parte delle autorità russe per conquistare ulteriore territorio e consolidare il controllo sulle aree che già occupano in Ucraina». Ciò che non si vede o non si sa, esiste comunque. E ribadisce, se ce ne fosse bisogno, come l’invasione su larga scala scatenata da Vladimir Putin all’alba del 24 febbraio 2022 non sia reattiva rispetto ad inesistenti, pregresse provocazioni militari nei confronti della Russia ma appartenga ad un disegno imperiale di conquista di territori e di russificazione forzata della popolazione con l’obbligo di prendere la cittadinanza degli invasori nelle terre predate («non le occupiamo, le abbiamo riprese» ha detto lo zar un mese fa).

Va dato atto a Donald Trump di avere riaperto meritoriamente i canali di comunicazione con il Cremlino. Ma i passi successivi sono stati privi di una visione strategica, riabilitando Putin senza avere nulla in cambio, anzi: dopo il vertice in Alaska, gli attacchi con droni e missili su Kiev sono triplicati

Intervenendo ieri all’Assemblea generale dell’Onu in corso a New York, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato che «il diritto internazionale è al collasso». Un’evidenza: il suo Paese ha subìto una guerra di smembramento, ovviamente vietata dalla Carta dell’Onu che invece prevede la legittima difesa dalle aggressioni. Va dato atto a Donald Trump di avere riaperto meritoriamente i canali di comunicazione con il Cremlino. Ma i passi successivi sono stati privi di una visione strategica, riabilitando Putin senza avere nulla in cambio, anzi: dopo il vertice in Alaska, gli attacchi con droni e missili su Kiev sono triplicati. Incontrando Zelensky a margine dell’Assemblea dell’Onu, il capo della Casa Bianca ha sostenuto che «l’Ucraina può riconquistare tutto il territorio perduto», posizione opposta a quella finora sostenuta. Questi reiterati cambi di giudizio sono destabilizzanti e denunciano appunto l’assenza di un piano definito. Il dialogo non è un valore assoluto in sé ma dipende da contenuti e obiettivi.

Non solo. Intervenendo martedì scorso dal palco del Palazzo di Vetro, Trump ha definito «inutile» l’Onu. L’organizzazione però è ciò che gli Stati membri le permettono di essere, fra chi l’ha boicottata storicamente ci sono gli Usa e la riforma della quale si discute da almeno vent’anni non ha portato a nulla per l’incapacità dei Paesi aderenti, soprattutto delle potenze, a trovare un punto di convergenza.

L’urgenza del diritto internazionale

Eppure in questa epoca tragica, sospesa tra un vecchio ordine mondiale finito e quello nuovo multipolare indefinito, il diritto internazionale mantiene i caratteri dell’attualità e dell’urgenza. È quel diritto a sostenere la liceità dello Stato di Israele ma non delle sue occupazioni militari a danno dei palestinesi. È quel diritto a sostenere che navi in acque internazionali non possono essere sottoposte a minacce (è accaduto ancora ieri alla Global Sumud Flotilla diretta a Gaza e attacata da droni). Un corpus di norme scritte dopo guerre micidiali in nome di quel «mai più» ripetuto successivamente, sancito nella Carta dell’Onu sottoscritta da 193 Stati aderenti alle Nazioni Unite, non un incasso occidentale. Diritto internazionale perché regola i rapporti fra nazioni per garantire la pace che non è una condizione data una volta per sempre. Il diritto penale e quello civile servono invece a preservare i rapporti fra persone da violenze e sopraffazioni. Senza il diritto vince la legge della giungla, che domina il mondo nel quale viviamo.

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