I guai di Trump, sistema malato

ESTERI. Ora che Donald Trump, primo presidente nella storia degli Usa a subire un simile affronto, è stato ufficialmente incriminato di un reato penale, riesce difficile nascondere un certo sconcerto. Che non riguarda il personaggio Trump, che ne ha fatte di cotte e di crude.

Ha subito, altro suo record, due tentativi di impeachment: uno, nel 2019, per il sospetto che volesse usare la politica estera Usa (gli aiuti all’Ucraina) per danneggiare l’avversario Joe Biden; l’altro, nel 2021, per l’assalto al Campidoglio, che molti ritenevano fomentato dal suo discorso alla «Save America march» che contestava l’elezione di Biden. Ha cambiato collaboratori, anche ai massimi livelli dell’amministrazione, in maniera cervellotica, a volte dopo averli scelti in modo anche più bizzarro. Ha provocato, insultato, dileggiato. Ha usato i social (e anche qui, nessuno come lui) come una mazza. E tanto altro ancora.

Però, come si diceva, il caso sconcerta. Per il Paese, per il sistema. Martedì Trump dovrà presentarsi per ricevere l’accusa formale, farsi fare la foto segnaletica e farsi prendere le impronte. Forse gli metteranno brevemente anche le manette. E questo avviene perché, dice l’accusa, ebbe nel 2006 una relazione con una pornostar di nome Stormy Daniels che evidentemente ricattandolo, minacciava di raccontare tutto durante le campagna elettorale del 2016, quella che Trump avrebbe vinto. Minaccia seria perché (e ne abbiamo parlato proprio in queste pagine) sono diversi i politici americani di spicco che per scandali e scandaletti sessuali ci hanno rimesso la carriera (Gary Hart, per esempio) o hanno rischiato grosso (il presidente Bill Clinton). Per mettere a tacere la Daniels, Trump le fece consegnare dall’avvocato Cohen, che ora testimonia contro di lui, 130 mila dollari che poi furono rubricate tra le spese elettorali alla voce «spese legali». E questo è contro la legge.

Dicono che per Trump, che sul «caso Daniels» nega tutto, siano già pronte decine di altre imputazioni per frode finanziaria. Vedremo. Eppure non è strano un Paese che processa un ex presidente per 130mila dollari e onora invece, a ogni occasione e in modo bipartisan, un ex presidente come George Bush che decise di invadere l’Iraq con le menzogne che sappiamo, facendo morire centinaia di migliaia di iracheni ma anche quasi 5mila giovani Usa in uniforme (e quasi 32mila feriti), con un costo per il bilancio dello Stato di 3mila miliardi di dollari? O che quasi mai riesce a infliggere una condanna esemplare ai poliziotti che ammazzano ragazzi per strada? Non registriamo una clamorosa ipocrisia di fondo, o almeno una scala di valori a dir poco bizzarra?

Si rimpiange profondamente, a questo punto, la presidenza Obama. Criticabile come tutte, ma piena di educazione, stile e correttezza. Certo, non è scritto in alcun libro che la politica sia o debba essere un letto di rose. E poi è vero, i reati sono reati e la legge è la legge: vale se è uguale per tutti. Lasciamo quindi a Trump il diritto di difendersi se saprà farlo, e ad Alvin Bragg, procuratore di Manhattan, il dovere di perseguirlo se lo ritiene colpevole. Occupiamoci invece delle conseguenze politiche, che non mancheranno.

Donald Trump raccoglie oggi tra i repubblicani il 54% dei consensi. Più del governatore della Florida Ron De Santis (che l’ha difeso, forse contro voglia), suo primo rivale interno, o di Mike Pompeo, che di Trump fu il segretario di Stato e che vorrebbe tentare la sfida. Se si scegliesse domani, sarebbe di nuovo Trump, quindi, a sfidare Joe Biden per la Casa Bianca. Si sa che molti repubblicani non lo amano. Ma è difficile che anche questi elettori critici riescano a sfuggire alla tentazione di pensare che si tratti di un complotto per conservare la presidenza ai democratici, argomento che Trump non ha mancato di agitare.

Complottismo, certo, della stessa marca di quello con cui i repubblicani si raccontavano che solo i brogli elettorali avevano fatto vincere Biden. Però, anche qui: è la politica, baby. Quindi nei prossimi mesi dobbiamo aspettarci grossi ventilatori caricati a fango, che potranno solo polarizzare ancor più una società, quella americana, che sembra ormai trovare solo nei nemici esterni, veri o presunti, le antiche ragioni di unità e coesione.

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