Il nuovo ordine mondiale cinese

MONDO. Il Piano di pace in dodici punti, presentato da Xi Jinping nell’ambito del recente incontro strategico con Putin, non fornisce alcuna indicazione specifica per la soluzione della guerra in atto in Ucraina, se non la proposta di delineare un «nuovo ordine mondiale» che porti alla pace.

Tuttavia, in alcuni punti del Piano, integralmente approvato da Putin, sono affermati principi che potrebbero avere un certo rilievo nelle future trattative di pace tra Putin e Zelensky. Al primo punto, infatti, si stabilisce che «la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti i Paesi devono essere efficacemente sostenute». Il rispetto di questo principio potrebbe dare all’Ucraina qualche margine in più per la difesa di una parte di quei territori che la Russia ha annesso a sé tramite referendum popolari molto discutibili sul piano democratico. Ancora, al punto otto del Piano è fissato il principio in base al quale «le armi nucleari non devono essere utilizzate e le guerre nucleari non devono essere combattute. La proliferazione nucleare deve essere prevenuta e la crisi nucleare evitata». Questa ferma presa di posizione da parte della Cina porta a dedurre che Putin incontrerebbe la disapprovazione del suo principale alleato se passasse dalle spesso ventilate minacce atomiche a iniziative concrete. Gli altri punti del Piano delineano soprattutto i presupposti per un nuovo ordine mondiale. Tra questi, colpisce l’invito della Cina ad «abbandonare la mentalità della guerra fredda», evidentemente rivolto soprattutto agli Stati Uniti che rappresentano il suo principale interlocutore sul piano politico ed economico.

Xi Jinping, anche nell’intento di contrastare l’egemonia americana, sta da tempo realizzando in molti Paesi asiatici, africani e sudamericani importanti accordi commerciali ed economici attraverso ingenti investimenti. L’abbandono della mentalità della guerra fredda nella direzione auspicata dalla Cina agevolerebbe l’espansione della collaborazione internazionale, comporterebbe la limitazione di politiche fondate sulla fissazione dazi e di sanzioni economiche, agevolerebbe l’affermazione del multilateralismo, del libero mercato e la riaffermazione della globalizzazione. Questo scenario economico, un tempo fortemente sostenuto anche dalle economie occidentali, produrrebbe effetti positivi per la Cina sul piano interno ed internazionale. Sul piano interno, le renderebbe possibile realizzare un aumento costante del Pil (a due cifre) indispensabile per evitare ampie sacche di povertà presenti in gran parte del Paese. Sul piano internazionale: favorirebbe un utilizzo sempre più esteso dello Yuan come valuta di riserva al posto del dollaro; agevolerebbe la sua penetrazione commerciale nelle aree asiatiche ed europee attraverso il grande progetto della «via della seta»; confermerebbe il suo dominio mondiale nell’estrazione delle terre rare, anche al di fuori del proprio territorio, che sono determinanti per lo sviluppo delle moderne tecnologie.

Questo ritorno al liberalismo economico senza limiti è attualmente messo in discussione dagli Stati Uniti e dai Paesi occidentali, che negli ultimi vent’anni hanno registrato pesanti accentuazioni delle diseguaglianze e la crisi di molte democrazie. Un regime dittatoriale come quello cinese, invece, può ben convivere con pesanti e diffuse diseguaglianze. È agevole, quindi, intuire come il protrarsi della guerra possa rappresentare un grande ostacolo per la strategia economica e politica della Cina e ciò spiega perché si sia mossa per prima nel formulare un piano di pace. La spaventosa iniziativa bellica di Putin ha portato a una consistente interruzione di importanti scambi commerciali sui quali prospera l’economia cinese e ha, oltretutto, determinato un forte riavvicinamento tra Stati Uniti ed Europa e una, fino a qualche tempo fa imprevedibile, ripresa della Nato. Il nuovo scenario che si è andato delineando non può che chiamare direttamente in causa Cina e Stati Uniti. Spetta anzitutto a loro, oltre che all’Europa, delineare i contorni di un nuovo equilibrio mondiale che possa portare Putin e Zelensky a definire i presupposti necessari per un accordo di pace il più equilibrato possibile e duraturo.

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