Il Vaticano per la pace, un percorso tenace

UCRAINA. La missione non finisce. La tappa moscovita dell’inviato speciale di Papa Francesco potrebbe non essere l’ultima e se il card. Matteo Zuppi tornerà a Kiev allora si potrà dire che questa strana diplomazia della navetta sta portando frutti. Zuppi deve tornare a Roma e riferire al Papa.

È inutile chiedersi in queste ore, mentre l’arcivescovo di Bologna sta volando da Mosca, se la missione sia fallita oppure se si è aperto un nuovo spiraglio. Gli effetti si capiranno, senza fretta, perché queste sono le regole delle diplomazia. Bisogna procedere con pazienza. Bisogna sperare in risultati che verranno, anche se l’evidenza a volte rema contro. Cosa è accaduto a Mosca? Intanto è importante che Zuppi vi sia andato. Non era affatto scontato, soprattutto dopo il misterioso tentativo di golpe e gli strascichi che ancora si porta dietro. Mosca avrebbe potuto chiudere tutte le porte. Ma non è accaduto. È un segno di buona volontà? Non si sa. Sicuramente è il segno che nonostante tutto e anche contro ogni evidenzia politica e militare un sottile filo continua ad essere in mano a qualche interlocutore e attorno ad esso si sviluppa un dialogo.

Zuppi ha avuto incontri politici e religiosi. Si potrebbe convenire, ad un’analisi superficiale, che sono state dette parole ovvie sulla pace e sul dialogo. Kirill è un interlocutore religioso ed ecumenico per la Chiesa cattolica e la Santa Sede. Ma è innegabile che il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie sia anche un interlocutore politico, per la vicinanza della Chiesa ortodossa al Cremlino e di Kirill a Putin. Parlare a Kirill significa anche parlare allo Zar e questo la Santa Sede lo sa bene. E quando Kirill dice all’inviato del Papa che le Chiese possono lavorare insieme per la causa della pace e della giustizia e che tutte le forze del mondo si devono unire per prevenire «un grande conflitto armato» è possibile che le sue parole suonino come ovvie.

Eppure in una situazione così sfilacciata e complessa, anche le cose ovvie se ripetute e ripetute possono portare qualche frutto. Il primo risultato è nel metodo, quello cocciuto di un Papa che appunto, nonostante tutto, continua a cercare interlocutori senza farsi tante domande. È la regola prima della diplomazia: gli interlocutori non si scelgono. Poi c’è la seconda regola che mette insieme ascolto e buona volontà. L’ascolto c’è stato prima a Kiev e in questi due giorni a Mosca. La buona volontà si spera verrà da entrambe le parti.

Poi c’è lo stop sul canale puramente negoziale. Il Vaticano ha più volte ripetuto che la missione di Zuppi non deve essere intesa come una mediazione. È vero, ma a tratti sta assumendo proprio il ruolo di una mediazione, per lo meno sul lato umanitario. Zuppi ha incontrato Marija Belova, la commissaria russa per i diritti dell’infanzia che condivide con Putin un ordine di cattura della Corte penale internazionale per deportazione di bambini dall’Ucraina, accuse che Mosca ha sempre respinto. Il portavoce del Cremlino Peskov ha negato la circostanza proprio mentre Zuppi atterrava a Mosca, spiegando che i soldati russi hanno salvato a prezzo della propria vita i bambini ucraini dalle bombe ucraine. Eppure l’inviato del Papa ha visto la signora Belova, sempre perché gli interlocutori non si scelgono. Hanno parlato, si sono stretti la mano. Se qualcosa ne è scaturito di positivo lo si vedrà nei prossimi giorni. Se Zuppi tornerà a Kiev sarà per presentare alle autorità ucraine qualche proposta. Ecco la mediazione, perché ogni azione diplomatica è senza perimetro.

Anche sul piano politico non c’è alcuna decisione specifica dopo l’incontro del cardinale con il consigliere di Putin per la politica estera, l’ambasciatore di lungo corso Yuri Ushakov. Ma fonti russe hanno precisato che «se necessario il dialogo continuerà». Le parole di Peskov sul fatto che nulla è cambiato e «l’operazione speciale» continua non devono far perdere la speranza. Mosca non può aprire per ora alcuno spiraglio, soprattutto dopo la vicenda opaca della Wagner, per ragioni più interne che esterne. Né sembra lo possa fare Kiev. Ma se la navetta vaticana continuerà a correre tra le pianure ucraine e russe la cultura della paura, dell’odio e del nemico verrà attenuata nella nuova geopolitica mondiale. A tutte le latitudini.

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