La carestia del ’32 e oggi, gli orrori in Ucraina

Il commento. A partire dal 2008, da quando il parlamento ucraino ha definito l’Holodomor (letteralmente, l’uccisione per fame) subìto per mano di Stalin, un genocidio, il quarto sabato di novembre di ogni anno si commemora il crimine consumato nel 1932-1933. Mai come quest’anno la ricorrenza ha assunto un significato drammaticamente di stringente attualità.

Novant’anni fa la Russia di Stalin cercò di strangolare il popolo ucraino con una prolungata carestia, oggi è la Russia di Putin che tenta di ottenere lo stesso risultato con il freddo, il gelo e i bombardamenti continui sulle sue infrastrutture. Una pagina di orrori che ci rituffa nell’abisso di barbarie spalancatosi davanti all’umanità nel corso della prima metà del Novecento. Settant’anni di pace ci hanno oscurato questo passaggio cruciale del «secolo breve» e fatto chiudere anche un occhio (quando non tutti e due) di fronte alla perpetrazione delle stesse pratiche di morte, solo perché venivano condotte fuori dall’Europa. Parliamo dell’amaro destino riservato alle popolazioni civili soprattutto, ma non solo, in tempo di guerra.

Le democrazie si sono rese responsabili di trattamenti disumani da quando, a partire dalla seconda guerra mondiale, hanno cominciato a trattare le popolazioni degli Stati nemici un bersaglio militare al pari dei loro soldati. L’acme di questi atti di ferocia si è toccato nel 1945 con l’atomica sganciata su Hiroshima e Nagasaki. Le autocrazie hanno fatto ben di più e di ben più atroce. Non si sono limitate a compiere veri e propri genocidi dei popoli nemici, ma hanno trattato alla pari anche i propri popoli: come materiale da plasmare con indottrinamento e repressione in tempo di pace, come carne da macello in tempo di guerra, per non dire delle minoranze interne - etniche, religiose, culturali – cui hanno riservato una spietata persecuzione fatta di minacce, arresti, omicidi. Di questa barbarie gli esempi si sprecano e purtroppo l’Italia (fascista) va messa nel loro novero.

Ci sono differenze decisive che contraddistinguono autocrazie e democrazie. La prima: il campo illimitato di esercizio della violenza senza limiti, senza confini, senza distinzione tra tempo di pace e tempo di guerra per le prime; solo mirato in tempo di guerra contro il nemico e nel rispetto del diritto internazionale per le seconde. C’è anche un secondo dato che distingue le due forme di governo nel ricorso a comportamenti omicidari nei confronti della popolazione civile. Per le dittature, il fine è piegare tutti e chiunque, in spregio a ogni legge e convenzione internazionale, all’interno e all’estero. Per le democrazie invece il ricorso alla violenza è stato giustificato solo in caso di guerra e se serviva ad accelerarne la fine col minor danno possibile per i propri uomini. È vero che di morte sempre si è trattato, ma fanno una bella differenza i diversi fini perseguiti. Al contrario delle democrazie, le autocrazie mirano sempre a espandere nel proprio Paese un potere illimitato e ad allargare la propria potenza militare, politica ed economica nella vita internazionale.

È quanto sta andando in scena in questi giorni in Ucraina. Putin aveva iniziato «l’operazione militare speciale» – diceva – per liberare «il popolo fratello» dalla «cricca di potere nazista» che l’opprimeva. Ora, pur di liberare appunto l’amato popolo fratello, lo bombarda, lo affama, lo fa morire di freddo, di gelo, di fame. Per fortuna che lo considerava un popolo fratello. Quali orrori era disposto a riservargli se lo avesse considerato un popolo nemico?

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