La difesa comune. Ma l’Europa è in ritardo

MONDO. Bisogna ormai prenderne atto: non si può più rimandare la Difesa comune europea (Ced).

Il proliferare dei conflitti e delle aree di crisi sullo scenario internazionale mette in serio pericolo la nostra stessa convivenza pacifica. Dopo decenni di relativa calma, almeno nel Vecchio continente e nelle regioni limitrofe, la situazione è cambiata. La tragedia russo-ucraina è lungi da una sua conclusione e il Medio Oriente è una polveriera come testimoniano il dramma di Gaza, il bombardamento delle navi commerciali nel Mar Rosso e i raid missilistici compiuti dall’Iran con la risposta pachistana. Cosa possa succedere, inoltre, in Corea nessuno è in grado di predirlo, mentre la Cina pare, per adesso, aver ammorbidito la sua retorica su Taiwan.

Una domanda: ma se una volta eletto presidente degli Stati Uniti, Donald Trump decidesse tra un anno di far uscire davvero Washington dall’Alleanza atlantica, che cosa faranno i Ventisette? Durante il suo mandato, conclusosi nel gennaio 2021, il «tycoon» newyorchese se l’era presa con gli europei che, a suo dire, scroccavano agli Usa la difesa continentale, non versando appieno le quote concordate.Da tempo sono noti il riorientamento americano in politica estera e il maggiore interesse espresso verso l’Indo-Pacifico. La Casa bianca ha creato di recente, non a caso, l’Aukus, una specie di Nato regionale, e ha rafforzato alleanze in chiave anti cinese. L’«Operazione» russa in Ucraina ha, però, modificato dal febbraio 2022 le priorità e l’agenda Usa per il momento. Ma in un futuro a medio termine?

In tanti a Bruxelles non dimenticano lo scandalo «Ukrainagate»: stando ad una Commissione d’inchiesta parlamentare americana, Trump, che cercava accuse a Kiev contro il candidato democratico Biden e suo figlio Hunter, bloccò di proposito nell’autunno 2019 fondi già stanziati dal Congresso al collega Zelensky. Non farsi trovare impreparati davanti a questi eventi e cambiamenti strategici, alcuni epocali, è quanto mai necessario per gli europei se essi desiderano continuare a vivere liberi e in pace. Già in questi giorni sta prendendo forma la missione Ue di «autodifesa» nel Mar Rosso (da dove passa il 40% dell’interscambio commerciale marittimo italiano) con ben altre regole di ingaggio - da quanto si è capito - rispetto al passato. È evidente che la Difesa comune europea in fase iniziale sarà all’interno dell’Alleanza atlantica, che continuerà ad essere uno dei capisaldi dell’Occidente. E diversamente non potrebbe essere. Inoltre, nonostante la Brexit, il Regno Unito - unica potenza nucleare europea insieme alla Francia - dovrebbe rientrare in questa forza continentale nascente.

Nel frattempo, come da accordi presi al summit di luglio a Vilnius, la Nato sta tenendo in queste ore le sue maggiori esercitazioni da anni, giusto per mostrare i muscoli e far capire ai possibili malintenzionati che l’Alleanza atlantica, come da Statuto, difenderà l’intero suo territorio, compresi i confini orientali. Indirettamente si intende così tranquillizzare i Paesi baltici alle prese con continue dichiarazioni poco amichevoli. In sintesi, a sette decenni dai negoziati sulla prima Ced, con in prima linea politici del calibro di Alcide De Gasperi, Altiero Spinelli, Jean Monet ed altri, negoziati falliti per il rifiuto dei francesi, che temevano il riarmo della Germania, è ora di stringere le file. La scelta di creare un’Europa di democrazia, diritti e mercato - ma non potenza militare - è stata superata dall’attuale realtà geopolitica post turbocapitalismo. Serve farsene una ragione: l’uomo non è in grado di risolvere i problemi senza la guerra.

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