La politica migratoria, convinzioni inconciliabili

ITALIA. La polemica di Ferragosto si incendia sui morti di Lampedusa, naufragati a decine al largo dell’isola e annegati nonostante fosse in corso un’azione di salvataggio da parte italiana. I partiti tornano a scontrarsi sulla politica migratoria con toni persino più aspri del solito.

Basta ascoltare Nicola Fratoianni (Avs) che dice: «I morti di Lampedusa sono sulla coscienza del governo». Ma non è il solo, anche Matteo Renzi scende in campo soprattutto per togliersi un sassolone dalla scarpa e ricordare di quando, in occasione del grave naufragio del 2015, Giorgia Meloni che era all’opposizione gridò «che si sarebbe dovuto indagare il governo - cioè Renzi che lo presiedeva - per il reato di strage colposa». Parti che si invertono, evidentemente, a seconda della posizione parlamentare che si occupa in un certo momento. In ogni caso Meloni non si tira certo indietro dalla polemica e ricorda che la vera soluzione del problema migratorio è di fermare l’azione dei trafficanti, quindi colpire alla radice il fenomeno, e nello stesso tempo governare i flussi legali. E inoltre sia Meloni che il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi sottolineano che, in quest’ultima vicenda di un barcone che affonda portandosi dietro uomini, donne e bambini, era subito scattato il meccanismo di soccorso che purtroppo si è rivelato efficace solo in parte. «Prevenzione e soccorso, questa è la nostra ricetta» spiega Maurizio Gasparri.

Le divisioni politiche

La verità è che destra e sinistra sono divisi da convinzioni non conciliabili: il governo vorrebbe azzerare gli sbarchi bloccando i migranti già sulle coste del Nord Africa (come del resto provò a fare Marco Minniti, il ministro Pd dell’Interno che la sinistra radicale detesta alla stregua di un avversario) e nello stesso tempo far venir meno il soccorso delle barche delle organizzazioni non governative considerato un incoraggiamento a tentare la sorte.

Viceversa la sinistra rifiuta come indegni i patti con chi in Libia o altrove può fermare i flussi, e semmai si preoccupa di andare incontro a tutti coloro che si mettono in mare sostenendo che è necessaria non solo un’azione istituzionale - italiana o europea - ma anche e forse soprattutto quella delle ong, tutte politicamente schierate a sinistra. Sono quelli che il vice premier Matteo Salvini definisce «gli ultrà dell’accoglienza»: sulla loro coscienza, ribatte il leader leghista, dovrebbe pesare la morte dei naufraghi.

In Albania non ci sono più neanche i poliziotti a far la guardia mentre restano i conti da pagare, non il miliardo di cui parla la sinistra ma certo diverse centinaia di milioni di euro

L’opposizione, a proposito delle bande più o meno in divisa che in Libia hanno stretto rapporti con l’Italia per frenare i flussi migratori, rinfaccia a Meloni di aver lasciato andare, disobbedendo alla Corte penale internazionale dell’Aja, proprio uno dei capi di quelle bande, il «generale» Almasri, considerato un vero e proprio mercante di esseri umani. E poi Pd e M5S non risparmiano al governo la critica per il mancato funzionamento del centro per respingimenti costruito in Albania (in realtà ogni volta che le forze dell’ordine vi hanno trasferito i migranti illegali c’è stato un giudice che ha ordinato di riportarli in Italia). È una ferita che brucia sulla carne dei partiti di governo che accusano le «toghe rosse» di voler neutralizzare l’«Operazione Albania», e aspettano che entri in vigore la nuova normativa europea che dovrebbe legittimare il meccanismo di gestione extra Ue dei migranti togliendo ai giudici il potere di interdizione. Ma sta di fatto che ormai in Albania non ci sono più neanche i poliziotti a far la guardia mentre restano i conti da pagare, non il miliardo di cui parla la sinistra ma certo diverse centinaia di milioni di euro.

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