Le parole di Amato in un mare di bugie

POLITICA. «Parole molto importanti…una corretta ricostruzione di tutto quello che nelle carte c’è, che sappiamo da anni». Oppure «tutte fandonie che non hanno retto nel dibattimento penale».

Tra il parere di Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica, e quello del generale Leonardo Tricarico, già capo di stato maggiore dell’Aeronautica militare e poi presidente dell’Associazione per la verità sul disastro aereo di Ustica, c’è un mare. Non il Mediterraneo, in cui nel giugno 1980 trovarono la morte gli 81 passeggeri del volo Itavia IH870, ma quello di 43 anni di dolore, indagini, depistaggi, mezze verità, mezze bugie, perizie, indagini lunghissime, udienze.

Ed è il mare che è stato di colpo agitato dalle dichiarazioni di Giuliano Amato, un uomo che nella politica italiana è stato tutto: ministro, primo ministro, presidente della Corte Costituzionale e un’infinità di altre cose importanti. Amato ha detto in sostanza: il DC9 italiano fu abbattuto da un missile lanciato da un aereo francese, all’interno di una manovra Nato organizzata per abbattere un Mig libico su cui volava Gheddafi. Questi, però, fu avvertito da Craxi del tranello e non partì.

Vale la pena precisare che la tesi di Amato in sostanza ripercorre quella che fu avanzata da Francesco Cossiga, allora presidente emerito della Repubblica, nel 2007. Tesi che non convince i figli di Craxi, Bobo e Stefania, e che in ogni caso mette a rumore le relazioni tra Francia e Italia, non certo idilliache, e quelle tra l’Italia e la Nato. «Parole importanti», commenta Giorgia Meloni. La premier aggiunge che «nessun atto riguardante la tragedia del Dc9 è coperto da segreto di Stato». Di fatto invita Amato a tirar fuori le prove, cosa che però non la esimerà, visto il prestigio del personaggio, dal chiedere qualche lume alla Francia e forse anche alla Nato.

Come si diceva, sono questioni che si agitano, sotto la pelle della Repubblica, da almeno quarant’anni. Quindi la domanda più importante diventa: perché Amato ha deciso di fare questa sortita dopo tanto silenzio? Perché proprio adesso? Perché colui che era soprannominato il Dottor Sottile ha infine impugnato il randello, ben sapendo quali sarebbero state le potenziali conseguenze, sia a livello nazionale sia in ambito internazionale?

Una possibile interpretazione è quella che lo stesso Amato ha fatto trasparire nell’intervista ormai famosa: il desiderio di verità. È certo possibile che un personaggio per decenni potente e rispettato, arrivato in età più che matura possa sentire il bisogno di liberarsi di qualche peso.

È però altrettanto vero che un uomo del suo calibro, con un passato in ruoli di alta responsabilità, di segreti e segretucci ne custodisce parecchi, e non sembra sentire il bisogno di rivelarne altri. Ustica, si sa, è una delle pagine più drammatiche del libro nero italiano, ricco di stragi, attentati, relazioni riservate o peggio, intrecci internazionali in cui è sempre stato difficile, e spesso pericoloso, mettere le mani. Perché cominciare proprio da Ustica l’operazione verità?

A pensare male si fa peccato ma spesso si azzecca, diceva Giulio Andreotti, altro politico che non mancava di sottigliezza e di segreti. E quindi ci sia concesso il sospetto che il riflettore puntato di colpo su Ustica serva anche all’attuale Governo per regolare qualche piccolo conto. La fedeltà alla Nato (e agli Usa) sull’Ucraina è totale ma, come si conviene in politica, anche in quella dei tempi di guerra, va in qualche modo compensata. E certe reprimende francesi sulla gestione italiana dei flussi migratori, giustificate o no, non sono facili da digerire. Chissà. Facile prevedere che sui perché di Amato ci interrogheremo a lungo. Forse per altri quarant’anni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA