
L'Editoriale
Lunedì 23 Giugno 2025
L’escalation bellica non unisce la politica
ITALIA. Un lungo, impegnativo discorso, quello della presidente del Consiglio Meloni alla Camera in vista del Consiglio europeo, ma che non è riuscito a costruire una unità politica anche con le opposizioni di fronte alla drammatica escalation bellica in Medio Oriente.
In realtà, il divario tra destra e sinistra si è accresciuto. Tre i punti fondamentali del discorso della premier: primo, continua «fino a quando sarà necessario» il sostegno dell’Italia all’Ucraina aggredita dai russi; secondo, che occorre ritrovare la strada del negoziato per risolvere la questione del nucleare iraniano; terzo, che è inaccettabile la reazione degli israeliani a Gaza, pur riconoscendo la legittimità della loro reazione all’attacco «esistenziale» del 7 ottobre. Questi sono i capisaldi della nostra linea di politica estera entro le alleanze tradizionali del nostro Paese che ci porta ad accettare l’aumento delle spese militari concordato in sede Nato e a respingere la pressante richiesta delle opposizioni perché l’Italia non conceda agli Stati Uniti le basi presenti sul nostro territorio per azioni belliche in Medio Oriente.
Servirà il voto
La richiesta non può essere evidentemente accettata ma la presidente del Consiglio ha assicurato che, nell’eventualità, ci sarà comunque un passaggio parlamentare con un voto. In ogni caso non sono ancora arrivate richieste in questo senso.
Citando Margareth Thatcher («La nostra sicurezza non è garantita dalla validità dei nostri ideali ma dalla forza della nostra difesa»), Meloni ha sostenuto che la sua responsabilità la porta a non lasciare esposta l’Italia in una situazione così pericolosa e incerta, con lo stesso principio per cui a suo tempo Fratelli d’Italia, all’epoca all’opposizione, votò a favore dei provvedimenti del governo Draghi di fronte alla guerra russo-ucraina a favore della nazione aggredita. «E non per rafforzare quel governo, ma per rendere più forte l’Italia nel contesto internazionale». Anche per questo Meloni ha chiesto alle opposizioni di fare uno sforzo per dimostrare che la politica è interessata più alla sicurezza nazionale che alle baruffe tra i partiti. Ma, come detto, il risultato non è stato raggiunto. Un discorso, quello di Giorgia Meloni, pesantemente attaccato dalle opposizioni.
La risposta del Pd
Dalla segretaria del Pd, per cominciare, che ha chiesto – come dicevamo più sopra – garanzie per la non concessione delle basi agli Usa e nello stesso tempo la rassicurazione «che il governo non trascinerà l’Italia nel conflitto in corso in Medio Oriente», ricordando la Costituzione che ci impone di «ripudiare la guerra» (ma anche di difendere la Patria, hanno risposto da destra).
Giuseppe Conte, poi, ha detto che il suo movimento «starà col fiato sul collo» di Meloni per impedirle di fare azioni sbagliate (ma Meloni ha ricordato a Conte che fu proprio lui, da presidente del Consiglio, a decidere l’aumento delle spese per le armi dello 0,8 per cento, «misura che oggi vedo che non condividete più», ha chiosato ironicamente). Identiche accuse da Avs che hanno rimproverato alla premier di non aver mai preso esplicitamente le distanze da Trump e da Netanyahu.
Senza unione ancora una volta nelle opposizioni
Ma le opposizioni non sono riuscite a riunirsi in un’unica mozione, ognuno è andato per conto suo. In particolare Pd e Avs si sono rifiutati di sottoscrivere il testo del M5S in cui si chiede di riaprire i canali con la Russia per ricevere il gas e nello stesso tempo di smettere di aiutare in ogni modo l’Ucraina. Carlo Calenda ha commentato: «È una mozione che potrebbe essere firmata da Putin in persona tanto tradisce il suo carattere filo-russo». Alla fine è stata approvata la mozione della maggioranza. Oggi si replica al Senato.
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