
L'Editoriale / Bergamo Città
Giovedì 09 Ottobre 2025
L’identità digitale può frenare l’odio social
ITALIA. Dice la Lega, in un disegno di legge, che bisognerebbe vietare i social ai minori di 14 anni.
E che tra i 14 e i 16 anni l’accesso dovrebbe essere subordinato al via libera dei genitori. Ma non è tutto, perché il ddl chiede anche che le piattaforme certifichino l’età di chi accede ai contenuti online e che ricevano il benestare dei genitori. L’intenzione è valida: proteggere i minori, cioè i più fragili e vulnerabili. L’applicazione pratica appare però più complicata. Sembra, in sintesi, il classico divieto italiano, quel «severamente vietato» che poi nessuno è in grado né di mettere in pratica, né di controllare. E quindi, fatta la lodevolissima legge, tutto poi prosegue esattamente come prima. Cioè, mediamente male.
Anche perché qui paiono esserci due problemi di fondo. Il primo è la confusione tra il mezzo e i suoi utilizzatori. Cioè si indicano come «cattivi» i social, intesi come strumenti. Mentre «i social» non sono cattivi per definizione. La cattiveria, e per quanto riguarda i minori anche terribili pericoli, viene innestata nei social da chi li utilizza. È il secondo problema: quasi sempre sono maggiorenni, e per Facebook - il «social dei vecchi» - gli «ultramaggiorenni», a scatenare il più alto tasso di cattiveria.
L’odio social e i fatti di Gaza
Ne abbiamo avuto un pessimo esempio in questi ultimi giorni, quando i social si sono letteralmente infiammati - ma la definizione è riduttiva rispetto alla realtà - circa i fatti di Gaza, la Flotilla, i partecipanti alla «missione». Ondate d’odio di cui si fatica a ricordare precedenti. Ma non solo odio: auguri di morte, auguri di torture, auguri di morte per causa di torture. E non pochi, isolati commenti di questo tenore: decine, se non centinaia. Un fiume osceno e ingestibile, che ha costretto questa testata, già sul finire della scorsa settimana, a chiudere i commenti sotto ogni post sul tema. Attirandosi così accuse - ridicole - di censura. Come se sui social esistesse un diritto a fare tutto, forti della certezza dell’impunità.
Che cosa si può fare
Quindi qual è il problema: tener fuori i minori, o far sì che i social non diventino un’anarchica fogna a cielo aperto? E come si fa? Non si risolve il problema con una leggina che «tiene fuori qualcuno», o magari col successivo inasprimento delle sanzioni. No, non si risolve. Anche perché poi i partiti dovrebbero essi stessi guardarsi allo specchio e domandarsi quale sia la qualità «divisiva» dei contenuti che diffondono sui social per alimentare le proprie rispettive propagande. Ma a prescindere da questo: tener fuori i minorenni può anche andar bene, ammesso e non concesso che si riesca a trovare lo strumento che funzioni. Ma non può bastare. Non ci si può accontentare di tener fuori i più piccoli mentre noi grandi, là dentro, facciamo le peggio cose.
L’identità digitale
Ma uno strumento c’è, eccome se c’è. Solo che servirebbe un po’ più di coraggio e un po’ meno di demagogia. Lo strumento c’è: è quello con cui tutti noi, ormai, accediamo ai servizi pubblici online. Accediamo al nostro Comune, accediamo all’Agenzia delle Entrate, prenotiamo una visita o un esame: con l’identità digitale. Andrebbe, certo che sì, applicata anche ai social. Perché un conto è postare la foto del tramonto dalla spiaggia o il più innocuo dei «buongiornissimo caffè», ma un altro conto è infestare i social di odio o, peggio, di auguri di morte.
Su questo è ora che la politica e le piattaforme prendano atto di ciò che sono diventati i social: posti in cui spesso mentre si crede di esercitare diritti si finisce per commettere reati. Posti in cui non è più possibile essere «Paperino78», ma in cui occorre essere cittadini che, se non sono più capaci di riconoscere all’altro il diritto al dissenso, devono assumersi la responsabilità piena di quel che fanno, quando esagerano. Succederà mai? No, perché le piattaforme perderebbero soldi, tanti. Ma è l’unica via vera, per rendere i social un posto «umano», meno pericoloso, e non la giungla d’odio che sono già. Giungla che, alla lunga, li condannerà a perderli comunque, quei soldi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA