Navi sotto tiro, si alza la posta in gioco

MONDO. La posta è stata ulteriormente alzata. Sotto attacco è finito ora il traffico marittimo internazionale. Non bastavano le tragedie in corso in Ucraina e in Terra Santa! Qualcuno ha voluto colpire l’Occidente ai fianchi per portare scompiglio nel commercio Est-Ovest in un progetto di destabilizzazione generale.

Diversamente non possono essere interpretati gli assalti continui dei ribelli Houthi dello Yemen ai cargo-containers e alle imbarcazioni in genere all’ingresso del Mar Rosso. Già in passato l’Occidente aveva dovuto organizzare una missione anti-pirateria. Adesso, in fretta e furia, statunitensi e britannici hanno radunato per il pattugliamento dell’area una forza navale di deterrenza, a cui partecipano una ventina di Paesi tra cui l’Italia.

Ma quali obiettivi perseguono gli Houthi? Ufficialmente i ribelli yemeniti, da sempre sostenuti dall’Iran, intendono limitare il traffico di merci verso Israele come forma di protesta per quanto sta avvenendo a Gaza. In realtà non è proprio così. Di mira sono state prese navi sotto le bandiere più diverse, causando la parziale sospensione del transito navale da e per Suez, quindi l’Europa.

Se si guardano i video, pubblicati dagli Houthi, si resta senza parole: in azione sono stati utilizzati elicotteri, squadre speciali, droni. La minaccia militare è seria. Se non ci si crede basta chiedere ai sauditi, che, nonostante siano dotati di armamenti occidentali moderni, si sono scontrati con i ribelli yemeniti in continuazione dal 2015 fino alla tregua del giugno 2022, subendo persino attacchi missilistici e di droni ad infrastrutture civili, come l’aeroporto della capitale Riad nel giugno 2020. Insomma, una bella gatta da pelare!

Le prime conseguenze di questa nuova crisi sono state che numerose compagnie marittime hanno diretto i loro cargo verso Gibilterra, facendo circumnavigare l’Africa, aggiungendo ulteriori dieci giorni di viaggio. Problemi si sono avuti anche a Londra per assicurare i carichi. Logico che i costi siano subito lievitati. Dal Mar Rosso - e quindi dal canale di Suez - passa ben il 30% del traffico mondiale di containers.

L’Iran, che appoggia Hamas a Gaza e gli Hezbollah in Libano, ha negato attraverso la sua diplomazia di avere delle responsabilità per gli assalti navali degli Houthi, che «farebbero da soli». Ma gli Stati Uniti sostengono esattamente il contrario, elencando forniture di droni, missili e l’accesso ad informazioni di intelligence.

Non è un caso che uno dei capi delle Guardie rivoluzionarie iraniane, il generale Reza Naqdi, si sia lasciato scappare la minaccia che (gli occidentali) «si aspettino la chiusura del Mar Mediterraneo, di Gibilterra e di altre vie marine». Non è chiaro, però, come si possa chiudere Gibilterra. Gli iraniani, al massimo, potrebbero semmai bloccare lo stretto di Hormuz, da dove passa il 40% del petrolio mondiale, ma il loro sarebbe un harakiri.

Il controllo degli stretti e dei canali è da sempre uno dei problemi geopolitici centrali. Si pensi, ad esempio, al Bosforo; a livello Onu esiste una Convenzione. Questo problema è unito a doppio nodo con la questione della libera navigazione, che sta alla base della cultura occidentale e in particolare di quella britannico-americana.

Metterla in pericolo storicamente ha sempre significato il rischio di una guerra. Ecco perché nelle cancellerie occidentali tremavano i polsi qualche tempo fa, quando Pechino si è messa a costruire isole artificiali nel Mar Cinese meridionale.

La speranza è che oggi la presenza navale occidentale come forma di deterrenza porti gli Houthi a più miti consigli.

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