Putin leader, ora agirà con la mano pesante

MONDO. Altre due raffinerie sono state colpite nel weekend e alcuni droni hanno paralizzato nella notte tra sabato e domenica tre aeroporti moscoviti. Queste le notizie più rilevanti sul fronte russo. Nella «migliore democrazia» del mondo, secondo la definizione del portavoce del Cremlino, le presidenziali sono state la formalità che tutti si attendevano e la popolazione, invitata a votare per «la Patria», si è stretta attorno al «leader nazionale».

Che le opposizioni siano riparate all’estero o siano in galera e che ai politici indipendenti non è stato concesso di partecipare alla consultazione non interessa a nessuno. Come che i media federali abbiano dato copertura in campagna elettorale a un unico candidato.

Questa, del resto, è ormai la norma dal 2012! In pochi in Russia si sono poi uniti alla protesta di «Mezzogiorno contro Putin». La gente ha paura. Per una manciata di minuti di temerarietà si rischiavano interminabili guai giudiziari. Davanti al seggio, dove votava Aleksej Navalnyj nel quartiere periferico moscovita di Marino, erano in 12 o 13 coraggiosi. Di fronte a loro poliziotti e persone in borghese dotate di macchine fotografiche. All’estero i russi hanno potuto, invece, mostrare liberamente il loro disappunto.

Che il vincitore delle presidenziali otterrà alla fine l’80 o il 90% delle preferenze poco importa. L’assenza di osservatori indipendenti, le particolari procedure di voto e di conta porranno interrogativi alle leadership occidentali, che dovranno decidere se riconoscere o meno la legalità di una consultazione del genere. Il giudizio sarà politico. La vedova Navalnaja ha già lanciato appelli in proposito. I baltici e il fronte orientale Ue faranno valere il proprio peso. Anche perché, si è consci, si è alle porte di un’ulteriore escalation di violenza in Ucraina.

Cosa farà ora il 5 volte capo del Cremlino dopo queste presidenziali? Secondo alcuni osservatori neutrali Putin avrà le mani libere per andare giù sul pesante. Ad esempio, imporre una nuova mobilitazione per dare la spallata decisiva, conquistando Odessa e giungendo fino al Dniestr. Ecco perché il francese Macron ha parlato della possibile necessità di invio di truppe di terra della Nato in Ucraina. La certezza è che, come sua abitudine, Putin alzerà di nuovo la posta nella speranza che Donald Trump, una volta alla Casa bianca, lo tiri fuori da vincitore dal pasticcio in cui si è cacciato il 24 febbraio 2022.

Anche Zelensky vede il pericolo avvicinarsi. Sorprende l’enorme abilità acquisita da Kiev nel mettere fuori uso installazioni energetiche e industriali anche a migliaia di chilometri di distanza dai suoi confini. Secondo alcuni calcoli Mosca ha perso in poche settimane il 10% delle sue capacità di raffinazione di benzina. Sono le entrate dalla vendita di petrolio (108 miliardi di dollari nel 2023) a finanziare il conflitto in Ucraina. Le sanzioni occidentali, ora sì efficaci, stanno poi facendo il resto nel ridimensionare il portafogli del Cremlino.

Un’ultima riflessione. Per favore, non si parli adesso del sostegno dei russi a Putin, utilizzando sistemi di riferimento occidentali. Nel 1913 i Romanov festeggiarono i 300 anni della loro casata al potere; dopo 4 anni la rivoluzione d’ottobre li spazzò via. Nel marzo 1991 i sovietici votarono in un referendum per il mantenimento dell’Unione; dopo nove mesi l’Urss scomparve. La vera bussola da considerare è la rivolta dei mercenari della Wagner. Putin non è l’«Eltsin» dell’agosto ’91. Tutt’altro. A giugno restò da solo insieme a pochi fedelissimi. Della popolazione, manco l’ombra!

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