Salvini molla Berlusconi.Nel centrodestra pesa la corsa per la leadership

La candidatura Berlusconi per il Quirinale è nata dal centrodestra e nel centrodestra è affondata in tre giorni. Si sapeva che Salvini e Meloni avevano molto mal volentieri chinato la testa di fronte alla impuntatura dell’ottantacinquenne fondatore della coalizione (dalle assai precarie condizioni di salute, che non escludono i «problemi cognitivi», certificate nei tanti ricoveri ospedalieri che gli hanno impedito di volta in volta dall’esser presente alle udienze dei processi in cui è ancora imputato) e ci si aspettava che qualcosa sbloccasse la situazione.Già il comunicato dell’ultimo vertice del centrodestra affidava ad una conta dei numeri la decisione finale, poi di quella conta si è cominciato ad intuire l’esito negativo, e alla fine è stato Salvini ad uscire allo scoperto.

«La Lega farà un suo nome che troverà il consenso di tanti, se non di tutti». Inevitabile l’ira di Berlusconi (ma davvero poi? O il vecchio leone recitava una parte? Vai a sapere) e subito al via il toto-nomi: chi proporrà Salvini? L’ex presidente del Senato Marcello Pera? La presidente in carica Elisabetta Casellati? La prestigiosa Letizia Moratti dai tanti incarichi presenti e passati? O anche - questa è l’ultima indiscrezione - Franco Frattini, ex ministro degli Esteri di Forza Italia da anni ritiratosi nei ranghi dell’alta dirigenza dello Stato che lo vede attualmente alla presidenza del Consiglio di Stato? Qualcuno avanza anche il nome di Pier Ferdinando Casini che tuttavia appare troppo democristiano per piacere ai leghisti e alla Meloni, e troppo indipendente per essere gradito a Berlusconi. Il quale, beninteso, non se ne starà certo fermo ai giardinetti ora che Salvini ha fatto la mossa del cavallo.

Vedremo cosa sta pensando e cosa gli consiglia Gianni Letta, il suo Richelieu, che guarda caso l’altro giorno ha avuto un riservatissimo colloquio a Palazzo Chigi con il capo di gabinetto di Draghi. Al centrodestra spetta la prima mossa, dicono tutti, dal momento che ha più voti dell’aggregato Pd-M5S - che proprio non è definibile «coalizione» - ma questa prerogativa è anche rischiosa: un clamoroso tonfo nelle prime tre votazioni - alle quali probabilmente sarebbe stato destinato Berlusconi – sarebbe un danno non facilmente riparabile in vista delle prossime elezioni politiche. Però, ora che il «freno» berlusconiano è stato tolto, Salvini qualcosa dovrà fare. Ma come lui si muoverà, appunto, Berlusconi. E anche la Meloni, naturalmente. Risultato: già ora sappiamo che i tre partiti alleati continueranno a marciare ognuno per proprio conto pur dichiarandosi ad ogni passo uniti e solidali.

Non può non pesare tra loro la gara per la leadership: quella che Berlusconi non vuole mollare nonostante l’età, gli acciacchi e qualche residuo strascico giudiziario; e quella che Matteo e Giorgia si disputano in ogni partita, figuriamoci in questa. Tra l’altra mentre la leader di Fratelli d’Italia, sondaggi alla mano, freme per andare alle elezioni e dunque spinge per una soluzione quirinalizia che segni la fine della legislatura (cioè Mario Draghi), l’altro ha bisogno di tempo per poter recuperare i voti persi in questo anno e mezzo e provare a riprendersi quella leadership che gli è sfuggita di mano. E che un berlusconiano come Denis Verdini (che però è anche suo «suocero») vorrebbe che gli fosse riconosciuta dal Cavaliere: «Silvio, fai di Salvini il “king maker” del prossimo presidente della Repubblica» ha proposto. Ma dubitiamo che ad Arcore si dia soverchio ascolto al consiglio del vecchio consigliere, peraltro oggi agli arresti domiciliari.

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