Scenario insidioso che va oltre l’Ucraina

Dopo tante giornate crudeli e drammatiche, la guerra ieri ne ha proposta una che è stata particolarmente insidiosa. La giornata in cui la crisi ha fatto un passo, speriamo non decisivo, verso l’allargamento del conflitto, che ora potrebbe investire un’area persino più vasta di quella già enorme tra Russia e Ucraina. Da diverse settimane, ormai, gli ucraini colpiscono con bombe e missili le città e i villaggi russi prossimi al confine, soprattutto nella regione di Belgorod.

Una rappresaglia modesta, rispetto ai colpi inferti dai russi alle città e alle infrastrutture ucraine, ma che irrita il Cremlino perché incrina il sentimento di fortezza assediata ma intoccabile che in questo periodo serve ad animare il nazionalismo. In più, i russi sanno benissimo che gli ucraini possono colpire a certe distanze e con quella precisione solo avvalendosi degli armamenti, dei satelliti e dei droni forniti dall’Occidente.

Il Cremlino, nelle ultime settimane, ha più volte affermato di sentirsi in pieno diritto di colpire le forniture militari europee e americane, una volta arrivate sul territorio ucraino. Ma oggi James Heappy, ministro della Difesa del Regno Unito, ha dato una sorta di via libera all’Ucraina dicendo che Kiev ha a sua volta diritto di colpire la Russia dietro le linee, anche usando armi inglesi. La Russia ha minacciato ritorsioni, facendo notare di poter colpire molto lontano. Missili russi su Londra? Sarebbe uno scenario da incubo. Ma non meno terribile sarebbe l’ipotesi di una «vendetta» ravvicinata, magari su uno dei Paesi baltici: la Nato si impegnerebbe in una guerra contro la Russia per difendere, per fare solo un esempio, la Lituania o l’Estonia?

Ma non dobbiamo dimenticare che pochi giorni fa Rustam Minnekaev, vice-comandante del Distretto centrale delle forze armate russe, aveva dichiarato che lo scopo della seconda offensiva russa era proprio di creare un corridoio dal Donbass alla Crimea alla Transnistria, per fermare tra l’altro una presunta «persecuzione» ai danni dei russofoni.

A un possibile allargamento del conflitto fanno pensare anche gli attentati che hanno colpito la Transnistria, il «Donbass della Moldavia», la porzione russofona e russofila di territorio moldavo che dal 1990 chiede l’indipendenza e dal 2014 (dopo la riannessione alla Russia della Crimea) addirittura l’annessione alla Russia. Un colpo di bazooka contro il ministero della Sicurezza, due bombe contro altrettante torri delle comunicazioni, granate contro l’aeroporto militare di Tiraspol. Le autorità della Transnistria accusano i servizi segreti ucraini, il cui scopo sarebbe di aprire, in collaborazione con i moldavi, un secondo fronte per distrarre le forze russe. Ma non dobbiamo dimenticare che pochi giorni fa Rustam Minnekaev, vice-comandante del Distretto centrale delle forze armate russe, aveva dichiarato che lo scopo della seconda offensiva russa era proprio di creare un corridoio dal Donbass alla Crimea alla Transnistria, per fermare tra l’altro una presunta «persecuzione» ai danni dei russofoni. E quindi questi attentati, frequenti ma di poca importanza, potrebbero essere una provocazione, una strategia architettata per creare il casus belli e attaccare, dopo la tenace Ucraina, anche la debole Moldavia.

Come si diceva, è una fase insidiosa. E rischiosa, per tutti. Il ministro degli Esteri russo Lavrov dice che per carità, loro non vorrebbero, ma il peggio, anche quello atomico, può sempre succedere. E da Pechino suona la preoccupazione della Cina: state calmi, nessuno vuole una terza guerra mondiale. Uno scenario che fa guardare quasi con tenerezza alla visita a Mosca del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che come altri prima di lui ha trovato in Putin un muro invalicabile.

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