Scintille nel centrodestra e polemiche a Cinquestelle. Il governo pensa a G7 e Usa

Mario Draghi lavora alla riunione del G7 e soprattutto alla sua imminente visita a Washington: sono i due maggiori impegni del presidente del Consiglio il quale, dopo l’accordo sul catasto col centrodestra, non ha alcuna intenzione di andare in Parlamento per un dibattito sull’Ucraina prima del question time del 19 maggio come gli chiede insistentemente il M5S da giorni.

Giuseppe Conte si dice «deluso» dal rifiuto di Draghi: in realtà proprio quello gli consente di continuare a tambureggiare sulla questione delle armi di cui vorrebbe limitare l’invio. Conte sottace il fatto che solo pochissime settimane fa le Camere hanno votato un documento che, quasi all’unanimità, disponeva l’aiuto anche armato a Zelensky: di per sé, discuterne ancora in aula dopo le ripetute sedute di aggiornamento da parte del ministro della Difesa nelle commissioni e al Copasir, sarebbe una cosa superflua (tale è il pensiero di Draghi). A Conte la polemica serve sia per tenersi stretto un pezzo di elettorato sensibile alla causa «pacifista» (tra poco si vota per le amministrative) e, a fini interni, per mettere in imbarazzo il rivale Luigi Di Maio che, in quanto ministro degli Esteri, è schierato con una posizione molto più atlantista ed europeista di una parte consistente del Movimento (quella che solo poco tempo fa era apertamente filo-putiniana e che oggi si limita a rumoreggiare per il sostegno a Zelensky).

Se questo è il fronte M5S, quello del centrodestra non è meno attivo. In queste ore Lega e Forza Italia pubblicizzano una loro vittoria: l’accordo raggiunto con palazzo Chigi sulla riforma del catasto che era ferma da mesi in Parlamento a causa dei loro dubbi. Secondo Salvini e Berlusconi sarebbe stata sventata una vera e propria «patrimoniale» a carico dei proprietari di immobili. Questo dicono, nonostante che Draghi in persona, insieme al ministro dell’Economia Franco e alla Ragioneria Generale, abbia sempre sostenuto che la riforma sarebbe stata fiscalmente neutra, destinata soprattutto a dare ordine al mercato immobiliare facendo emergere le case fantasma e quelle accatastate con rendite incongrue rimaste ferme da decenni (caso classico: gli appartamenti in centro storico, oggi di pregio, ieri popolari). In ogni caso è stata fatta una modifica (solo «grammaticale» secondo il presidente della commissione Finanze Marattin, renziano) che elimina dall’accatastamento l’indicazione del valore patrimoniale di mercato, oltre alla rendita, per permettere al centrodestra di governo di cantare vittoria di fronte al loro elettorato. «Se non fossimo stati al governo non avremmo ottenuto questo risultato» è stato l’acido commento di Salvini, tutto rivolto a Giorgia Meloni. La quale ha replicato con altrettanta freddezza: «Prima voglio vedere i testi scritti, poi commenterò cosa è stato davvero deciso».

Tra Fratelli d’Italia e Lega l’animosità è giunta ad un livello di guardia. Si parla da tempo di un vertice di coalizione che è sempre «imminente» e che però non viene mai convocato, mentre le candidature alle amministrative sono un elemento di forte lacerazione, specialmente in Sicilia. Meloni – sempre in crescita nei sondaggi - si muove ormai come la leader del partito di maggioranza del centrodestra, scettro definitivamente strappato a Salvini, e chiama gli alleati alla coerenza, sospettando che, dopo le prossime elezioni, possano scegliere di nuovo un governo di larghe intese.

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