L'Editoriale
Venerdì 12 Dicembre 2025
Sulla guerra le «strane» convergenze Lega - M5S
ITALIA. Sostegno all’Ucraina, un nuovo allineamento tra Salvini e Conte.
Alla riunione via call dei «Volenterosi» tenutasi giovedì 11 dicembre, Giorgia Meloni ha ribadito la linea del governo italiano di sostegno all’Ucraina fino a quando sarà necessario per una pace giusta e duratura. Meloni ha anche sottolineato che non è pensabile una frattura tra l’Unione europea e gli Stati Uniti che sono in questo momento gli attori principali della trattativa con l’Ucraina e la Russia per arrivare alla pace. Nessuno si aspettava certo un serio distinguo da parte della premier (come quello dello slovacco Fico) ma è significativo che sia stata mantenuta ferma la barra di una posizione di solidarietà europea. Da questo punto di vista ha significato che a Bruxelles il rappresentante italiano del Comitato permanente abbia sostenuto la soluzione a maggioranza assoluta (tra le proteste ungheresi) per immobilizzare gli asset russi da usare a garanzia per i fondi per la ricostruzione ucraina su cui anche la BCE si è detta d’accordo.
La posizione dell’Italia
Meloni nelle scorse settimane era apparsa la più tiepida sull’argomento e, in vista del Consiglio europeo del 18 che ne dovrà discutere, si temeva che l’Italia potesse unirsi all’Ungheria: non sta accadendo, e questo segnale non va sottovalutato. Certo a Palazzo Chigi guardano con una certa irritazione le ripetute riunioni a tre (Francia, Germania, Gran Bretagna) cui l’Italia viene ammessa solo in seconda battuta, e non sempre. Cosa che si ripeterà sabato a Parigi quando saranno inglesi, tedeschi e francesi a incontrare ucraini e americani per discutere dell’ultima bozza del piano di pace.
Nella maggioranza
Del resto non bisogna dimenticare che la posizione critica del vicepremier italiano Matteo Salvini è costantemente messa sotto i riflettori dei partner che si chiedono fino a quando potrà durare il difficile equilibrio nel centrodestra italiano sulle alleanze internazionali. Che un uomo prudente come Antonio Tajani sia arrivato a dire che se la Lega si dovesse astenere sul prossimo pacchetto di aiuti all’Ucraina «si aprirebbe un problema politico molto grosso», vuol dire che l’eventualità c’è.
Il rinvio
Tanto è vero che il decreto di rifinanziamento degli aiuti non è stato discusso nel consiglio dei ministri di giovedì 11 dicembre e nemmeno lo sarà nel prossimo, ma solo a fine anno. Un rinvio che è dovuto fondamentalmente alle resistenze delle Lega e alle continue dichiarazioni di Salvini: «La guerra è persa, perché dare altri soldi per le armi o per corrotti di Kiev?». Virgolettati che fanno il giro delle cancellerie europee e creano non poche perplessità e diffidenze. Anche perché lo stesso atteggiamento Salvini lo mantiene sul piano del riarmo che il governo italiano ha accettato di implementarne la spesa (dopodomani il ministro della Difesa Crosetto parteciperà ad una riunione con i colleghi europei per discuterne insieme al segretario generale della NATO Rutte che oggi ha detto: «La guerra è alle nostre porte, l’Europa è il prossimo obiettivo della Russia»).
Conte e il M5S
Salvini continua a contestare l’aumento delle spese per la Difesa, incurante sia degli screzi che si creano nella maggioranza sia dei sospetti di chi vede in questo un nuovo allineamento tra la Lega e il leader del M5S Conte, i due partiti ormai considerati «filo-russi». A dimostrazione che queste divisioni non percorrono solo il centrodestra, è proprio la posizione di Conte, polemica con l’Europa «bellicista» e tanto a favore di Trump da chiedere «che si affidi a lui per raggiungere la pace», a creare problemi con il PD. Se la segretaria Schlein tace, è la minoranza riformista a ribollire e a chiedere che il PD non tolleri lo scarto «pacifista» dei Cinquestelle (che peraltro è identico a quello del duo Bonelli&Fratoianni).
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