La Corte Ue sui 219 lavoratori a Orio: «Ryanair versi i contributi a Inps e Inail»

La sentenza La Corte di Giustizia europea si è pronunciata sulla causa intentata da Inps e Inail contro Ryanair per il mancato versamento di contributi e premi. La compagnia rischia di pagare 4 milioni.

La Corte di Giustizia europea si è pronunciata giovedì mattina sulla causa intentata da Inps e Inail contro Ryanair per il mancato versamento di contributi e premi da parte della compagnia aerea low-cost per 219 lavoratori di stanza all’aeroporto di Orio al Serio, dando ragione ai due Istituti e prospettando così l’obbligo di un pagamento milionario per il vettore irlandese. La sentenza è di quelle che potrebbero passare alla storia, creando un precedente in grado di fare giurisprudenza. La Corte con sede in Lussemburgo ha riconosciuto, in pratica, la validità della legge italiana per i 219 dipendenti di Ryanair dei quali era stata esaminata la posizione tra il 2006 e il 2010 per quanto riguarda l’Inps e tra il 2008 e il 2013 per quanto riguarda invece l’Inail (in questo caso per i rischi connessi al lavoro non aereo alla base di servizio di Orio).

In buona sostanza per la Corte, che ieri ha pubblicato il suo pronunciamento anche sui social, «il personale di volo non coperto da certificati E101 che lavora per 45 minuti al giorno nel locale della compagnia aerea destinato ad accogliere l’equipaggio di stanza all’aeroporto di Orio al Serio e che, per il rimanente tempo di lavoro, si trova a bordo degli aeromobili di detta compagnia aerea, è soggetto alla legislazione previdenziale italiana». Tradotto: solo per i periodi incriminati, Ryanair rischia ora di pagare arretrati e more per almeno 4 milioni di euro.

Contenzioso aperto 10 anni fa

Va da sé che a questo punto potrebbero aprirsi nuovi contenziosi, che farebbero lievitare (e di molto) i costi per la compagnia aerea. In attesa della replica di Ryanair e di una sua possibile impugnazione della sentenza, il pronunciamento di ieri mette fine – almeno per il momento – a un contenzioso che si era aperto dieci anni fa a seguito di un’ispezione dell’Inps e che in Italia ha già attraversato tutti e tre i gradi di giudizio. Alla Corte europea si è arrivati dopo che nel 2020 la Cassazione aveva ribaltato le due sentenze di primo e secondo grado del tribunale di Bergamo e della Corte d’Appello di Brescia, che avevano dato ragione a Ryanair. I giudici supremi avevano chiesto invece alla Corte di Giustizia dell’Unione europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla «questione di interpretazione del diritto dell’Unione indicata in motivazione», in particolare sulla «nozione di persona occupata prevalentemente nel territorio dello Stato membro nel quale risiede», contenuta nel regolamento comunitario 1408 del 1971.

Michael O’Leary, il numero uno di Ryanair, ha sempre sostenuto che, in base al diritto dell’Unione europea, se il personale è iscritto alla previdenza sociale di un altro Paese, in questo caso l’Irlanda, logicamente non deve esserlo anche in Italia

Inps e Inail avevano chiesto di far valere la legge italiana, considerando i servizi e gli uffici di Ryanair a Orio al Serio una vera sede distaccata, utilizzata soprattutto da residenti in Italia, e in particolare a Bergamo. Da parte sua Michael O’Leary, il numero uno di Ryanair, ha sempre sostenuto che, in base al diritto dell’Unione europea, se il personale è iscritto alla previdenza sociale di un altro Paese, in questo caso l’Irlanda, logicamente non dev’esserlo anche in Italia. Ieri il pronunciamento, che ora potrebbe ridisegnare le prospettive d’inquadramento dei dipendenti della compagnia low-cost.

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