Dopo l’accoltellamento a Milano, il bergamasco resta in carcere: spero la donna stia bene

IL CASO. «L’ho fatto», ha detto Vincenzo Lanni al militare che gli stava chiedendo le generalità, senza aggiungere altro se non indicare dove aveva gettato il giubbotto. Poi una volta portato al comando, ha detto: «Spero che la donna che ho colpito stia bene».

Ha spiegato di aver scelto «un luogo simbolo del potere economico» e di aver aggredito a caso una donna che non conosceva per colpire «il contesto» additato come il responsabile del suo «licenziamento». Vincenzo Lanni, bergamasco di 59 anni e con problemi psichiatrici, dieci anni fa aveva perso il lavoro come programmatore informatico e la sua «insofferenza», che allora lo aveva portato ad infierire su due anziani e poi in carcere, si sarebbe riproposta lunedì mattina 3 novembre.

La ricostruzione dell’accoltellamento

Tre minuti prima delle 9, in piazza Gae Aulenti, Lanni ha accoltellato Anna Laura Valsecchi, la manager di Finlombarda, che è viva per miracolo. Mentre lei stava camminando in un vicolo verso la torre UniCredit, per raggiungere il suo ufficio, si è soffermato 30 secondi, ha atteso che lei gli passasse di fianco, e poi si voltato e l’ha pugnalata alla schiena. Un gesto fulmineo, come fulminea è stata la sua fuga finita verso sera: alle 19.20 è stato rintracciato in via Vitruvio, nell’albergo dove viveva da giovedì scorso, da quando è stato allontanato da una delle comunità di Exodus, per comportamenti contrari alla condotta della comunità.

«L’ho fatto», ha detto al militare che gli stava chiedendo le generalità, senza aggiungere altro se non indicare dove aveva gettato il giubbotto. Nella stanza dell’hotel sono stati trovati alcuni degli indumenti che, come risulta dalle immagini delle telecamere, indossava al momento della brutale aggressione , mentre il coltello da cucina con lama di 40 cm ha detto di averlo acquistato nei giorni scorsi. E poi, una volta portato al comando, ha detto: «Spero che la donna che ho colpito stia bene».

In piena notte al pm Cristiana Ria, che con il procuratore Marcello Viola coordina le indagini delegate ai Carabinieri, il 59enne si è giustificato adducendo l’«insofferenza» per essere stato licenziato e il suo risentimento per essere stato messo alla porta dalla comunità in provincia di Varese: lì, dopo aver espiato la condanna a otto anni per i due tentati omicidi di 10 anni fa nel carcere di Bollate, ha trascorso due anni in misura di sicurezza disposta dal Tribunale di Bergamo e lì è rimasto per proseguire il percorso di reinserimento sociale fino alla scorsa settimana. La misura di sicurezza, che prevedeva la permanenza in una Rems (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza) per almeno 3 anni, a dicembre 2024 non gli non gli è stata più rinnovata, in quanto per i magistrati della Sorveglianza non era più socialmente pericoloso.

Il pm ha chiesto la convalida del fermo e la misura cautelare del carcere, la più idonea per evitare il pericolo di reiterazione del reato. L’accusa è di tentato omicidio e porto abusivo di armi. L’interrogatorio del gip dovrebbe essere giovedì 6 novembre.

© RIPRODUZIONE RISERVATA