Carcere, un nuovo picco di affollamento: 610 detenuti per 319 posti

VIA GLENO. Raggiunto quasi il doppio della capienza. Don Tengattini: «I politici dovrebbero venire a vedere». Marchesi: «Numeri che non sono degni di un Paese civile».

«Mai così tanti». Quella frase, ormai ciclica se riferita al carcere di Bergamo, deve essere utilizzata per l’ennesima volta: lunedì, stando ai dati ufficiali del ministero della Giustizia, in via Gleno si contavano 610 detenuti. È il nuovo record negativo, toccato al termine di un’escalation che non conosce soste, qui come in gran parte d’Italia.

A marzo era stata raggiunta quota 600, asticella sino a quel momento inedita, e a inizio aprile ci si spinse fino a 605. In mezzo c’è stata un’oscillazione costante, quella che anima la vita di ogni penitenziario, tra nuovi ingressi (persone arrestate o che devono scontare condanne definitive), uscite (per fine pena o misure alternative) e trasferimenti.

Il dodicesimo penitenziario più sovraffollato d’Italia

Ma la sostanza, basandosi sull’aritmetica, è che il sistema pare essersi ingolfato, visto che la tendenza è quella di un costante rialzo: domenica si è arrivati a 607 presenti, il giorno seguente appunto a 610, prima di una lievissima flessione (martedì si è tornati a quota 606). Un anno fa, a fine ottobre 2024, Bergamo accoglieva 576 ristretti, due anni prima erano 549: in dodici mesi l’incremento è stato di circa il 6%, in ventiquattro mesi +11%. Passo dopo passo, ci si avvicina all’ennesimo aspro traguardo, concreto e simbolico al tempo stesso: quello di ospitare il doppio delle persone rispetto a quanto previsto sulla carta. La capienza regolamentare della struttura è infatti fissata a 319 posti, lunedì il tasso di affollamento è salito al 191%; sempre guardando ai dati del ministero, Bergamo è il dodicesimo penitenziario più sovraffollato del Paese.

Anche il personale soffre

«Da questa situazione sembra quasi impossibile venirne fuori – sospira don Luciano Tengattini, cappellano del carcere –. In questo momento, a livello nazionale non riscontro politiche di attenzione sul tema». La vita quotidiana oltre le mura di cinta racconta le vicissitudini più varie, ma il filo comune, spesso, sembra annodarsi attorno ad apparenti paradossi: «Ci sono molte persone vicine al fine pena, oppure che entrano per condanne di pochi mesi, magari a distanza di anni dai fatti – ragiona il sacerdote –. Sarebbe utile, date le condizioni, permettere delle misure alternative a chi ha già scontato gran parte della pena e si avvicina al termine. L’atmosfera oggi è sempre più pesante, non solo per i reclusi ma anche per il personale, e in primis per la polizia penitenziaria». Che è sottodimensionata nell’organico, con una carenza di una quarantina di agenti: a metà ottobre il Consiglio comunale di Bergamo, all’unanimità, ha votato un ordine del giorno per richiamare l’attenzione di governo e ministero sulle criticità locali, ma al momento nulla è cambiato.

Forte la presenza della Chiesa

«Chi ha responsabilità di governo dovrebbe entrare nelle carceri, fare un giro tra le sezioni, osservare cosa realmente accade – riflette don Tengattini –. Avere questa sensibilità non significa spalancare le porte o essere buonisti, ma valutare la realtà dei fatti: lo Stato che vuole dare giustizia è il primo a contraddirsi di fronte ai numeri, se in un carcere con poco più di 300 posti ci sono oltre 600 ristretti. La dignità va rispettata». In questi giorni all’interno della Casa circondariale sta prendendo servizio anche un altro cappellano, don Claudio Forlani, già parroco di Sforzatica. La presenza della Chiesa è forte anche per far da ponte verso l’esterno, in cerca di riscatto: «Come Comunità Don Milani – spiega il direttore don Dario Acquaroli, già cappellano e che ora opera come volontario nell’ambito dei giovani adulti –, cerchiamo di accogliere in misura alternativa chi ne ha la possibilità. Proprio martedì un ragazzo ha lasciato il carcere per entrare da noi e iniziare un percorso di reinserimento. Certo, parlare di una sola persona può sembrare una briciola, ma ogni occasione consente di seguire la missione della rieducazione».

Si torna sempre alle cifre. «La matematica non è un’opinione – è il commento di Giulio Marchesi, presidente dell’Ordine degli avvocati di Bergamo –: di fronte a questo contesto, non vedo altre soluzioni se non modificare la normativa penale o costruire nuove strutture. Forse bisognerebbe far funzionare meglio le misure alternative, o ragionare sui tanti che si trovano in custodia cautelare in attesa di giudizio definitivo. Certo questi numeri non sono degni di una città e di un Paese civile».

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