Fuga di cervelli, in 10 anni ne sono rientrati 7.176. Ma il saldo resta negativo

I DATI . Questo il bilancio grazie anche agli sgravi. La stretta del governo potrebbe però frenare questo flusso. Al 1° gennaio 68.531 iscritti all’Aire.

Andare controcorrente, tornare indietro, riappropriarsi delle proprie origini. Nonostante tutto, c’è chi sceglie di rientrare in Italia dopo un’esperienza di vita – di studio, soprattutto di lavoro – all’estero: in un decennio, dal 2012 al 2021 secondo gli ultimi dati disponibili dell’Istat, sono stati 7.176 gli italiani (anche non originari di Bergamo) che si sono trasferiti in provincia di Bergamo provenendo dall’estero. In concreto: sono le storie degli italiani cresciuti in Italia e poi andati a stabilirsi in un altro Paese, ma che alla fine sono rientrati in Italia, prendendo residenza a Bergamo. Di questa piccola «diaspora» che ha ricucito il legame col proprio Paese d’origine, quasi la metà (3.192 persone) lo ha fatto nel giro di tre anni, dal 2019 al 2021, nonostante in mezzo ci sia stata la pandemia, il mondo stravolto e la mobilità internazionale diventata decisamente complicata.

Nella traiettoria di questi numeri – soprattutto – si coglie un effetto del Decreto Crescita, provvedimento introdotto proprio nel 2019 con sgravi fiscali quinquennali fino al 70% dell’Irpef (o fino al 90% nelle regioni del Sud) per quegli «expat» che sceglievano di rientrare in Italia; un primo incremento dei ritorni lo si era già colto dal 2016-2017, sulla scorta di un precedente provvedimento (per i lavoratori «impatriati») con sgravi fino al 50%.

Ora, però, all’orizzonte c’è una stretta che potrebbe frenare quel piccolo ma prezioso flusso che riportava in Italia e a Bergamo chi aveva scelto di abbandonare il proprio Paese, in cerca di lavori decisamente ben più remunerati all’estero.

Gli effetti della «stretta»

Da alcune settimane, infatti, il governo – per «esigenze di cassa» – sta lavorando a una rimodulazione delle misure del Decreto Crescita. Fatta salva una «clausola di salvaguardia» che lascia immutati i benefici per chi trasferirà la propria residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre, da gennaio potrebbe scattare un nuovo regime. Le bozze – il decreto legislativo per la delega fiscale in fatto di tassazione internazionale dovrà essere discusso dalle commissioni parlamentari – indicano che il taglio delle imposte scenderà al 50% (contro l’attuale 70%, o 90% per il Sud): in più, il perimetro delle agevolazioni sarà ristretto solo ai lavoratori con «requisiti di elevata qualificazione o specializzazione» e solo a chi si trasferisce in Italia cambiando datore di lavoro (sarà escluso, per esempio, chi lavora nella sede estera di una multinazionale e rientra in Italia sempre lavorando per la stessa azienda).

«Negli ultimi anni i rientri dall’estero sono aumentati anche grazie alle agevolazioni, ma restano sempre inferiori al numero di partenze», premette Carlo Personeni, presidente dell’Ente bergamaschi nel mondo: «I rientri saranno ancora più difficili se le ipotesi sul tavolo saranno confermate, limitando i vantaggi fiscali. È un problema non indifferente: chi va via dall’Italia lo fa perché all’estero ci sono retribuzioni e condizioni di lavoro migliori di quelle proposte in Italia. Se poi si emigra in coppia, la differenzia reddituale diventa doppia: pensiamo cosa vuol dire poter mettere da parte un certo tipo di risparmi, cosa che in Italia è ormai difficile fare, specie per una giovane coppia». Il mondo iperconnesso ha reso anche più flebili quei fattori sociali che potevano scoraggiare le partenze: «Un tempo, prima di trasferirsi ci si pensava a lungo – ricorda ancora il presidente dell’Ente bergamaschi nel mondo, che alle spalle ha proprio un’esperienza di emigrazione –: voleva dire lasciarsi tutto alle spalle, faticare nel tenere i contatti. Oggi ci si può videochiamare più volte al giorno, con un aereo low-cost si può tornare a casa senza troppi problemi più volte all’anno».

L’esodo continua

Se in tempi recenti il viaggio inverso è diventato più frequente, prevalgono però sempre i bergamaschi che scelgono di volare altrove. Il nuovo rapporto annuale di Fondazione Migrantes indica che al 1° gennaio 2023 sono saliti a 68.531 i bergamaschi iscritti all’Aire, l’anagrafe degli italiani residenti all’estero, mentre al 1° gennaio 2022 se ne contavano 65.637: 2.894 in più in un anno. Bergamo si conferma la seconda provincia lombarda (ne ha di più Milano, 166.736, e in tutta la regione sono 610.952); la città di Bergamo, con 9.395 iscritti all’Aire, è la quarta città lombarda per espatriati, dopo Milano, Como e Brescia. Se si guarda al solo 2022 – si legge nel più recente rapporto di Migrantes – la Bergamasca ha rappresentato la settima provincia d’Italia per numero di italiani trasferitisi all’estero.

Lombardia, polo d’attrazione

Sul fronte opposto, cioè quello dei rientri, «la Lombardia si conferma la regione che attrae il maggior numero di lavoratori provenienti dall’estero, con una percentuale stimata per il 2023 pari a circa il 42% dei soggetti rientrati in Italia». «Il fenomeno - si legge ancora nel rapporto Migrante - è strettamente legato alla presenza di numerose aziende del settore terziario, soprattutto nell’area metropolitana di Milano, dove sono concentrati anche molti datori di lavoro internazionali».

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