(Foto di Agazzi)
I DATI. Gli ambulanti scesi da 2.340 a 1.646. Persi 778 posti di lavoro. Caffi (Anva): «Mancano i giovani».
È una fotografia in chiaroscuro quella dei mercati, con un calo del 30% delle imprese in 10 anni registrato in città e provincia, ma anche nuove possibilità per rilanciare una professione che, «se fatta con passione può portare soddisfazioni commerciali» dice Antonio Caffi, presidente di Anva Confersencenti Bergamo nel fare un bilancio di fine anno su un settore in piena trasformazione.
Una ripresa è possibile, cogliendo le opportunità del digitale, stringendo sinergie con i negozi di prossimità e con i Comuni che mettono a disposizione la «piazza», fulcro vitale del mercato. Questa la prospettiva secondo l’associazione di categoria, che a livello nazionale ha registrato la perdita di oltre 42mila imprese (un valore stimato in 4,5 miliardi di fatturato), con una crisi che, questo emerge dall’ultima assemblea svoltasi a novembre a Roma, sarebbe «senza precedenti».
La perdita si traduce, a livello nazionale, nel 22,4% (-42.146 imprese) e nel 29% (-6.163 imprese) in Lombardia. Bergamo è messa peggio, con un calo del 30% in dieci anni: dal 2014 al 2024 si sono perse più di 600 attività, con gli operatori passati da 2.340 a 1.646. Dietro i numeri ci sono posti di lavoro, 788 in meno (passati da 3.194 nel 2014 a 2.406 nel 2024). Si tratta di imprese familiari, con pochi addetti, da 1 (68%) a 5 (25,5%), anche se Bergamo, conta 3 tra le 7 imprese lombarde con più di 50 addetti (realtà che operano su più mercati contemporaneamente). Nell’analizzare l’ultimo decennio, emerge un’inversione di tendenza: se nel 2014 gli italiani componevano il 54% della «piazza» e gli stranieri il 46%, oggi gli italiani rappresentano addirittura il 59% (+5%), mentre gli stranieri il 41% (-5%): «Un dato, quello bergamasco, che sembra smentire quello nazionale e lombardo - spiega Anva Confesercenti Bergamo -. Ma sarebbe più corretto dire che a Bergamo chiudono più ditte straniere di quelle italiane e l’età media delle ditte italiane è molto alta».
«Il settore del commercio ambulante ha bisogno dell’entrata delle nuove generazioni, operatori preparati e al passo coi tempi»
A pesare sulle fatiche del settore, diversi fattori, spiega l’associazione di categoria, dalla concorrenza della grande distribuzione al commercio on line (a soffrire di più l’abbigliamento rispetto al «fresco»), dall’incertezza normativa (in primis la direttiva Bolkestein, ma anche i rinnovi delle concessioni) alla difficoltà di ricambio generazionale.
Sul nostro territorio la tradizione resiste, con 230 mercati, con un minimo di 3 banchi a 200, quasi uno in ogni Comune. Se guardiamo i numeri però, il bilancio è in rosso, soprattutto per le nuove imprese. In dieci anni si è assistito ad un crollo delle nascite aziendali (dalle 133 del 2014 alle 29 nel 2024, -80%), mentre il dato delle cessazioni è costante, circa 100 all’anno. Mancano i giovani che rappresentano solo il 5,5%, in tutto 93 imprese su 1.646 (nel 2014 erano 269 su 2.340, 11,5%). Il settore non ha più appeal, denuncia l’associazione di categoria, con l’eccezione dello street food. Tra le criticità maggiori, sottolinea il presidente Anva Bergamo Antonio Caffi, confermato nel Consiglio di Presidenza nazionale lo scorso novembre, il mancato turn over: «Il settore del commercio ambulante ha bisogno dell’entrata delle nuove generazioni, operatori preparati e al passo coi tempi che possano mantenere ed esprimere la natura dei mercati affiancandola alle nuove tecnologie e strategie di vendita. Fare l’ambulante oggi è un’attività imprenditoriale che se viene fatta con impegno e conoscenza può dare ancora buoni risultati commerciali. Da un paio di anni Anva Confesercenti Bergamo è impegnata nel progetto di orientamento professionale “Professione Ambulante” che coinvolge studenti del territorio inviatati a cimentarsi, dopo alcune ore di formazione sui banchi di scuola, direttamente dietro i banchi di un mercato per sperimentare la professione, le proprie attitudini e capacità».
Un futuro per il settore c’è, assicura Cesare Rossi, vicedirettore di Confesercenti Bergamo, anche lui confermato nel Consiglio direttivo nazionale Anva: «I mercati non moriranno, sono una risorsa vitale che merita cura e attenzione. È questa la sfida che lanciamo sia agli operatori che ai Comuni. Il mestiere dell’ambulante può ancora offrire soddisfazioni e prospettive, accogliendo nuove generazioni portatrici di innovazione e visione futura, capaci di coniugare il lavoro tradizionale con le opportunità che offre il digitale. Perché ciò avvenga, è necessario un intervento concreto dei Comuni affinché gli spazi destinati ai mercati diventino accoglienti, inclusivi e funzionali, con bagni pubblici, arredi urbani, punti di somministrazione».
Rossi si sofferma, in particolare, sul valore di «servizio del mercato, di qualità a prezzi giusti per tutti i cittadini. Nelle aree montane o con criticità abitative, resta l’ultimo presidio commerciale. È fondamentale che i mercati creino sinergie positive con negozi di vicinato, contribuendo a generare vita nelle piazze. In una società segnata dall’invecchiamento della popolazione, la domanda è destinata a crescere, è nostro compito, insieme alle istituzioni, garantire che questa trovi risposta».
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