Minori egiziani soli: «Arrivano con la falsa promessa di un lavoro»

Il fenomeno . Il garante Venturelli: «Alle spalle organizzazioni strutturate». A Bergamo 237 ragazzi da varie nazioni. Messina: «Comune in prima linea».

Duemilatrecento chilometri in linea d’aria separano Alessandria d’Egitto, con la sua costa affacciata sul Mediterraneo, dal cuore di Bergamo. Ma c’è anche una distanza che non si può misurare: è quella tra le promesse e la realtà, tra l’illusione raccontata alle famiglie e l’asprezza di un viaggio che diventa trauma, erodendo la speranza.

Gli ultimi mesi del 2022 hanno consegnato un forte aumento degli arrivi di minori stranieri non accompagnati, fredda definizione burocratica racchiusa nell’acronimo «Msna». Al 31 dicembre, in carico al Comune di Bergamo ce n’erano 237: adolescenti – sedicenni e diciassettenni soprattutto – partiti da un Paese lontano senza genitori, in solitaria o al massimo in compagnia di zii o cugini, solcando il mare o risalendo i corridoi della migrazione via terra, infine giunti a Bergamo spesso senza niente. A gennaio 2022 i minori in carico ai servizi sociali del capoluogo erano «solo» 81, l’incremento è evidente. Come è evidente, scavando nelle cifre, la fortissima componente di minori egiziani: ben il 57% degli Msna accolti a Bergamo lo scorso anno è di quella nazionalità; Albania (44 arrivi nel 2022), Tunisia (42), Pakistan (23) sono le altre nazionalità più rappresentate.

Il viaggio, dall’inizio

Dietro questi tanti viaggi dall’Egitto, pare scorgersi l’ombra di un «sistema». Più o meno informale e più o meno strutturato, nei racconti di quei ragazzi ricorrono elementi comuni, avvicinabili a certe dinamiche della «tratta». C’è l’indicazione di «personaggi» – specie nella zona di Alessandria d’Egitto, appunto – che si presentano al capofamiglia proponendo il viaggio per il figlio (soprattutto il primogenito), con la promessa di un impiego nel Nord Italia, in particolare a Milano e nell’edilizia: questi «reclutatori» chiederebbero un compenso, anche piuttosto consistente, da saldare la metà alla partenza e l’altra metà una volta trovato l’impiego, tramite i guadagni del ragazzo.

Dietro questi tanti viaggi dall’Egitto, pare scorgersi l’ombra di un «sistema».

Poi la realtà assume contorni spesso ben diversi, porta con sé il peso di un viaggio pericoloso e pesante che rimane incollato addosso all’anima. Il lavoro diventa secondario, di fronte alla sopravvivenza. «Questo è quello che raccontano anche gli stessi ragazzi – spiega Leo Venturelli, Garante per l’infanzia e l’adolescenza del Comune di Bergamo -. Spesso emergono canali ben strutturati, con un’organizzazione alle spalle che fa leva sulle promesse. Il fatto che i ragazzi siano minorenni viene indicato come un elemento che agevola l’accoglienza, poi una volta compiuti i 18 anni si promette l’impiego nei cantieri. Sono situazioni difficili, all’interno di un fenomeno molto più ampio e che impegna fortemente le istituzioni, e su cui si sta intervenendo facendo rete».

Minori e tutori

Proprio domani il Comune ha organizzato un convegno al Polaresco per fare il punto sul tema e per sensibilizzare al ruolo di tutore, elemento prezioso per costruire al meglio percorsi di integrazione per i minori non accompagnati. «I numeri ci dicono che questo fenomeno va continuamente monitorato e aggiornato, sulla base di quelli che sono anche gli arrivi dei minori – spiega Marcella Messina, assessore alle Politiche sociali del

«Spesso emergono canali ben strutturati, con un’organizzazione alle spalle che fa leva sulle promesse»

Comune di Bergamo -. È un lavoro che ingaggia moltissimo le assistenti sociali dell’area minori e che rappresenta un elemento di riflessione per l’amministrazione, sia per i livelli di programmazione sia per gli interventi. Uno dei nodi è quello dei tutori: un ruolo evidente nel momento in cui la normativa indica che un tutore può avere solo quattro tutele, ma oggi la loro presenza è insufficiente rispetto al numero degli arrivi. È importante coinvolgere la comunità e la cittadinanza per avere un maggior numero di tutori. Questi minori hanno bisogno di un progetto di vita intorno a sé, e la comunità deve essere una risorsa». L’iter burocratico è complesso, con una traiettoria consueta: un minore straniero non accompagnato si presenta in questura chiedendo aiuto, la procura dei minori avvia l’apertura della procedura di «tutela» e infine si giunge all’affidamento a una comunità, col Comune a farsi carico di gran parte dei costi. La svolta s’è osservata dall’estate, partendo dai 40 arrivi ad agosto, diventati 45 a settembre, 58 a ottobre e 39 a novembre, fino alla prima flessione a dicembre (15 arrivi).

Il sistema dell’accoglienza ha vissuto un forte stress. «Nell’ultimissimo periodo c’è stato un rallentamento – osserva don Dario Acquaroli, direttore della Comunità Don Milani di Sorisole, tra le principali realtà di questa accoglienza - e la gestione è diventata più fattibile. Il nostro impegno è sia per la pronta accoglienza, cioè l’intervento che dà il tempo agli assistenti sociali di trovare una collocazione più stabile, sia per la costruzione di progetti educativi». Il viaggio in solitaria poggia sovente su una rete di contatti già presenti: «Quello che notiamo – prosegue il sacerdote – è che molti ragazzi hanno già agganci sul territorio, soprattutto nella zona di Milano, con promesse nell’ambito lavorativo». Promesse che, spesso, sfumano in illusioni.

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