«Ospedali senza tamponi e mascherine». L’ex assessore Gallera ai pm: non lo sapevo

Il retroscena. Il politico, responsabile della Prevenzione: «Da Alzano a me non è arrivata alcuna segnalazione». Le numerose richieste di Asst Bergamo Est. Le sue due colleghe bergamasche: «Giulio, qui manca pure l’ossigeno».

«Nessun presidio ci ha mai detto che mancavano i tamponi, nessuna segnalazione in tal senso è provenuta da Alzano; nei giorni immediatamente seguenti al 23 febbraio 2020 non mi sono state fatte segnalazioni in tal senso». Lo dichiara l’allora assessore regionale al Welfare Giulio Gallera quando viene sentito dai pm bergamaschi come persona informata sui fatti il 28 maggio 2020. Il politico, che aveva la delega alla Prevenzione sanitaria, verrà successivamente iscritto nel registro degli indagati dell’inchiesta sulla pandemia di Covid. È accusato di epidemia colposa e omicidio colposo perché non avrebbe predisposto il Piano pandemico regionale e non avrebbe «censito e monitorato i posti letto nelle unità operative di malattie infettive», oltre «a non verificare tempestivamente la dotazione di Dpi (guanti, mascherine FFP2 e FFP3, tute etc)»..

«Quello che posso dire - prosegue Gallera nell’audizione davanti agli inquirenti - è che nella fase iniziale tutti coloro che dovevano, secondo le linee guida regionali del 23 febbraio 2020, essere sottoposti a tampone lo sono stati. Da quel che so, anche ad Alzano sono stati effettuati i tamponi agli operatori, così come risulta dalla relazione di Locati (Francesco, dg dell’Asst Bergamo Est da cui dipende l’ospedale di Alzano, fra gli indagati dell’inchiesta anche con l’accusa di falso ideologico proprio per le due relazioni inviate al Welfare regionale, ndr)».

Gallera ai pm: «Nessun presidio ci ha mai detto che mancavano i tamponi, nessuna segnalazione in tal senso è provenuta da Alzano»

Per quanto riguarda i Dpi, l’allora assessore mette a verbale che «abbiamo avuto carenze; può darsi che nel mese di febbraio abbiamo utilizzato praticamente tutta la scorta solitamente usata in un anno. Ritengo che la distribuzione sia stata proporzionata al fabbisogno delle Asst (...). Non mi risulta che vi sia stata una sproporzione nella distribuzione dei Dpi, ed è stata una carenza di situazione di carenza generale per la eccezionalità della situazione, ma si è sempre assicurato alle Asst una disponibilità di Dpi che tenesse conto della diffusione effettiva del contagio nelle relative zone di pertinenza». Affermazioni che gli investigatori ritengono in contraddizione con la mole di documenti, chat e mail acquisite durante le indagini. «È anche verosimile - concede chi indaga - che l’assessore non sia a conoscenza di tutte le lamentele e problemi segnalati all’indirizzo [email protected], creato dalla Regione per far fronte all’emergenza Covid, ma proprio per questo non poteva escludere e segnalazioni e quant’altro riferibile a problemi relativi a tamponi, Dpi e relative distribuzioni».

«Bisogna rafforzare capacità di tamponi». La risposta: «Li abbiamo ordinati, ma scarseggiano»

Tra le accorate segnalazioni che giungevano in quei giorni c’è la mail spedita il 7 marzo proprio da Locati, in cui lamenta «la costante sottostima del fabbisogno di Dpi di questa Azienda (...) che si trova al centro del focolaio tra i comuni di Alzano e Nembro (alla data odierna 165 pazienti coronavirus ricoverati nei 4 presidi)». La rimostranza del dg sorge dal confronto con i dati degli altri ambiti sanitari in cui la situazione non era così drammatica. Il 2 marzo, ad esempio, all’Ats di Bergamo sono state consegnate 5.400 mascherine chirurgiche, mentre a Brescia ne sono finite il doppio e così anche all’Ats della Brianza. Lo stesso giorno, alle 12,26, Gianluca Vecchi, direttore amministrativo di Asst Bergamo Est (non coinvolto nell’inchiesta), scrive ad Aria (l’azienda regionale che si occupa degli acquisti) per evidenziare che «oggi siamo senza caschi per C-Pap». Qualche ora più tardi Vecchi segnala alla direzione generale del Welfare lombardo che a fronte di «un bisogno giornaliero di almeno 400», «ad ora la nostra Azienda è completamente sprovvista di FFP2 e anche di occhiali».

E pure con i tamponi non si era partiti bene. Il 21 febbraio, il giorno in cui a Codogno si scopre il primo contagiato d’Italia, Delia Bonzi, direttrice della farmacia dell’Asst Bergamo Est (non indagata), compila un file con cifre desolanti: in laboratorio all’ospedale capofila di Seriate ci sono 58 tamponi per virus respiratori, 60 mascherine FFP2 e 100 mascherine chirurgiche.In quello di Alzano ne hanno a disposizione tre, mentre in Medicina ce n’è solo uno. Il 23 febbraio a Gallera scrive l’assessore regionale al Territorio e Protezione Civile Pietro Foroni (non indagato): «Bisogna rafforzare capacità di tamponi». La risposta: «Li abbiamo ordinati, ma scarseggiano come puoi immaginare». Agli ospedali di Seriate e Alzano, su autorizzazione del direttore sanitario dell’Asst Roberto Cosentina (indagato), per proteggersi il personale ricorre alle mascherine antincendio. I morti aumentano ogni giorno ma al 6 marzo, nella lista dei destinatari di forniture, l’Asst Bergamo Est figura ancora tra gli ultimi. A Seriate vengono inviati 29 litri di soluzione idroalcolica. Nell’Asst Valle Olona o in quella dei Sette laghi, i litri recapitati sono 75. Il raffronto è impietoso: a ciascuna delle due aziende sociosanitarie varesine spettano 1.000 calzari (500 a Bergamo Est), 5.000 cuffie copricapo (1.500) e 235 mascherine Mask (90). Cominciano a scarseggiare pure i farmaci per intubati e Locati lo fa presente ad Aida Andreassi, funzionaria del Welfare (posizione archiviata, la sua). E a un certo punto scoppia un’altra emergenza, per la quale si mobilitano gli assessori regionali bergamaschi Claudia Terzi e Lara Magoni. Il 19 marzo la prima sollecita Gallera: «So che devi sentire la Magoni. Ti cercavamo per lo stesso motivo. Aggiungerei che mi dicono che non trovano più ossigeno dalle nostre parti. Non riescono a soccorrere la gente perché non ci sono le bombole».

Le mascherine risultano introvabili anche fuori dagli ospedali, con operazioni di speculazione che indignano il sindaco di Bergamo Gori. «Come possiamo obbligare i cittadini a usarle? Ho saputo di farmacie che le vendono a 9 euro l’una», è il messaggio whataspp che il 5 aprile indirizza ad Andreassi.

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