«Più piangevo, più erano felici: contro i bulli mi sono isolata»

LA TESTIMONIANZA. Una ragazza di origine boliviana, vittima come il fratello: «Alle uscite preferivo i libri. Le maestre elementari capirono e ci aiutarono».

«Più mi sentivo male e più piangevo, più loro erano soddisfatti e felici. Era come se il loro fine fosse proprio quello: demoralizzare me e mio fratello. Entrambi siamo stati vittima di bullismo, inizialmente perché, essendo di origine boliviana, venivamo presi in giro per il colore più scuro della pelle. Poi, invece, ogni scusa era buona». Lisa – il nome è di fantasia, ma il racconto è reale – è una donna di origine boliviana ma che vive a Bergamo da vent’anni, prima in un paese dell’hinerland e ora in città. «Io e mio fratello siamo arrivati in Italia nel 2004 grazie al sacrificio di mia mamma, che lavorava e viveva già da un paio d’anni in Italia e che abbiamo poi potuto raggiungere grazie alle leggi di ricongiungimento familiare – spiega la giovane –. Il primo atto di bullismo a cui ho assistito a scuola non è stato verso di me, ma verso mio fratello: si trattava di bullismo per così dire verbale. Veniva discriminato per il colore della pelle, avendo una carnagione più scura della mia. All’epoca io avevo 13 anni e lui solo 8». Una vicenda che mescola bullismo e discriminazione.

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«L’unico modo che all’epoca pensavo come difesa era dire a mio fratello di non dare retta a chi lo offendeva – prosegue Lisa –, ma mi rendevo conto che gli altri ragazzini, più lui si sentiva male o piangeva, più erano felici e soddisfatti». Entrambi i fratelli frequentavano a un certo punto le stesse scuole elementari: «Lì le insegnanti si resero conto di quello che succedeva – racconta ancora la vittima – e si interessavano a noi, chiedendoci continuamente come ci trovavamo. Probabilmente si rendevano conto meglio di noi dell’ostilità dei nostri compagni nei nostri confronti».

Per cercare di non pensare troppo a queste situazioni, Lisa si concentrava sullo studio: «Vedevo lo studio come via d’uscita e anche come rivalsa. Questo perché spesso mi veniva detto: “Se al tuo Paese si coltiva la droga, cosa sei venuta a fare qui?”. Questa è stata anche la prima offesa alla quale ho risposto: non sono riuscita a stare zitta come le altre volte». Punta sul vivo e sulla storia, difficile, della sua famiglia, Lisa replica al bullo: «Provengo da una famiglia di contadini e i miei parenti coltivavano tutti ortaggi e frutti. Voi non sapete niente di come noi vivevamo là». Gli attacchi arrivavano principalmente da maschi, che si accanivano su Lisa e suo fratello in primis perché non italiani e poi con offese che andavano anche oltre.

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«Per questo non ho fatto in quegli anni amicizia con nessun ragazzo – prosegue la giovane –: erano prevalentemente maschi coloro che si comportavano così con me e mio fratello. In quegli anni uscivo poco anche nel quartiere e preferivo di gran lunga i libri e stare a casa a leggere. Il posto che frequentavo di più, infatti, era la biblioteca. Ma anche le case di due mie compagne di classe che mi aiutavano con lo studio di lettere e storia, le mie materie preferite».

Terminata la scuola, Lisa non ha più visto i compagni che avevano bullizzato lei e il fratello e si è lasciata alle spalle quel periodo difficile sia perché giunta in Italia da ragazzina da un Paese lontano, sia perché catapultata con il fratello in un ambiente scolastico che si è rivelato ostile tra i suoi compagni, mentre i docenti hanno compreso le loro difficoltà e hanno aiutato lei e il fratello.

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