Usura, sette imprese su dieci la considerano un minaccia

L’indagine commissionata da Ascom Bergamo ha coinvolto 700 operatori economici. Fusini: «Anche da noi sistema vulnerabile».

C’è il racket strutturato, in odor di clan, e c’è soprattutto quello pulviscolare. Mascherato e strisciante, perché promette la «salvezza» per un’impresa in crisi, e invece finisce spolpandola. L’usura è una minaccia anche per le imprese bergamasche, soprattutto quelle del commercio e della ristorazione, con numeri alti: il 71% delle imprese bergamasche (contro il 68% nazionale) ritiene che l’usura sia un fenomeno che preoccupa, «molto» o «abbastanza» a seconda delle risposte, e il 16% è preoccupato nello specifico per la possibilità che l’usura sia presente anche nel quartiere dove opera la propria impresa. Oltre il 64% delle imprese ritiene che il fenomeno della malavita che cerca di impadronirsi delle aziende debba essere «molto o abbastanza temuto».

Il mosaico del prestito a strozzo e dei rischi specie per gli imprenditori più piccoli lo ricostruisce un’indagine promossa da Ascom Bergamo, commissionata all’agenzia Format Research nell’ambito dell’Osservatorio sulle imprese del terziario, e presentata ieri dall’Osservatorio per la legalità del Comune di Bergamo, attraverso le interviste a 700 imprenditori rappresentativi del tessuto economico locale. C’è un «combinato disposto», tratteggia la metafora di Oscar Fusini, direttore di Ascom Bergamo, a catalizzare l’attrazione fatale tra impresa in crisi e usuraio alla finestra: «Gli indici di fiducia delle imprese sono crollati. L’indice del fabbisogno finanziario è nettamente al di sopra del pre-Covid. Il sistema, anche a Bergamo, è vulnerabile come mai prima». E oltre all’usuraio, il rischio è quello che i clan possano prendere in mano le aziende in crisi. «Per molti l’infiltrazione mafiosa è letta come distante, con l’idea di disfarsi a buon prezzo della propria impresa. Non è così – avverte Fusini -: se ci entri in contatto, difficilmente riesci a scollarti con le tasche piene. Si rimane invece inghiottiti». Le cifre le ha snocciolate nel dettaglio Pierluigi Ascani, presidente di Format Research: «Il dato a Bergamo è di preoccupazione, qualche punto sopra il dato nazionale», premette. Il 5,7% delle imprese ha sentito parlare di imprenditori ai quali è stato proposto un prestito al di fuori dei canali ufficiali, ma nessuno ne ha avuto esperienza diretta. Cosa deve fare l’imprenditore-vittima? Il 67,7% ha risposto che deve denunciare subito alle forze dell’ordine o alla magistratura.

Per Marzia Marchesi, assessore con delega a Legalità e trasparenza e presidente dell’Osservatorio per la legalità del Comune di Bergamo, occorre «individuare insieme una strategia per prevenire o arginare il fenomeno. Racket e usura crescono nei momenti di crisi».

Fare rete è il filo conduttore degli interventi di ieri. «Il fenomeno è presente anche nella Bergamasca, non siamo assolutamente indenni – rileva Giovanni Zambonelli, presidente di Ascom Bergamo -. Il nostro timore è che quando finiranno le moratorie il bubbone esploderà in tutta la sua virulenza. Siamo pronti a collaborare e a essere vicini ai nostri associati». Raccoglie l’invito e lo rilancia il sindaco Giorgio Gori: «C’è la disponibilità del Comune a partecipare ad attività di rete per evitare che questi fenomeni dilaghino. Vogliamo ragionare insieme sulla costruzione di una rete accogliente. Le associazioni di categoria hanno un ruolo essenziale». «Apprezzamento, disponibilità e collaborazione» sono valori espressi da Maria Paola Esposito, segretaria generale della Camera di commercio. Per Francesco Breviario, referente provinciale dell’associazione Libera, quando si parla di usura «il tema più delicato è farla emergere. La sottovalutazione è un volano per le mafie».

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