Bancarotta fraudolenta, imprenditori indagati: sequestro da 50 milioni

L’INDAGINE DELLA GDF. I due fratelli Vitali accusati di aver scisso una società in crisi spostando 31 milioni in una nuova e lasciando fallire la vecchia: l’ad era un ottantenne malato di Alzheimer.

Avrebbero scisso una società decotta trasferendo tutti gli asset di valore in una nuova, creata ad hoc, lasciando in quella vecchia solo debiti per un passivo, all’atto del fallimento, di circa dieci milioni di euro. Soldi sottratti ai creditori, che sarebbero rimasti con il cerino in mano mentre nella nuova società sarebbero confluiti 31 milioni.

Le accuse ai fratelli Vitali

È l’accusa mossa ai fratelli Cristian, 50 anni di Cisano Bergamasco e Massimo Vitali, 56 anni di Bergamo, dai pm Maria Cristina Rota e Guido Schininà, che hanno coordinato le indagini della Guardia di Finanza. Sono accusati di bancarotta fraudolenta e documentale: Cristian in qualità di socio unico e amministratore unico di Vita Srl dall’8 agosto 2014 al 19 settembre 2016 e Massimo come presidente del Consiglio di amministrazione di Vitali Spa e gestore di fatto di Vita Srl, dichiarata in liquidazione giudiziale il 15 giugno 2023. Il gip Lucia Graziosi ha disposto il sequestro preventivo di tipo impeditivo, eseguito martedì mattina, delle quote societarie possedute dai due indagati, per un totale di 50 milioni di euro: il 100% delle quote della Expand Srl e il 50% di quelle della Vitali Spa. Il provvedimento per evitare che le quote possano essere indebitamente utilizzate per compiere altri reati simili.

Il prestanome, un 80enne malato

Un’indagine complessa, iniziata quando il curatore fallimentare della Vita Srl si è insospettito scoprendo che l’amministratore delegato della società era un ultraottantenne malato di Alzheimer. I finanzieri hanno cominciato a investigare sul fallimento, accertando la scissione societaria datata 1° marzo 2022 volta, secondo le accuse, ad allontanare dalla società in decozione gli asset di valore. I fratelli Vitali avrebbero trasferito la maggior parte dell’attivo di Vita, 31 milioni 577mila euro, a una società neo costituita, la Expand Srl, lasciando la società in crisi, nel frattempo intestata al prestanome ultraottantenne, in una precaria situazione finanziaria, tale da causarne il fallimento.

Le spese «extra» con la carta aziendale

Il capitale sociale di Expand era stato fissato in 9 milioni 985mila euro, interamente assegnato al socio unico Cristian Vitali. Dei 31 milioni di euro, c’erano obbligazioni per oltre 30 milioni e la partecipazione nella società Autostrade Bergamasche Spa (quella che costruirà e gestirà il collegamento Dalmine-Treviglio, ndr) per 200mila euro. I fratelli sono anche accusati di aver distratto somme dalla Vita Srl per spese che nulla avevano a che fare con l’impresa: Cristian tra il 2015 e il 2017 avrebbe utilizzato la carta di credito aziendale per pagare ristoranti, vacanze, spese mediche e altro, per più di 37mila euro.

Entrambi avrebbero fatto un bonifico di 20mila euro a un commercialista per pagarne le prestazioni a un’altra società per scopi estranei all’oggetto sociale e un altro di 15mila euro a una concessionaria per il parziale pagamento di una Bmw X3M a un membro del Cda di Vitali Spa. Infine nella lente degli investigatori è finita una cessione di azioni alla Vita Srl da parte di una Spa riconducibile alla famiglia Vitali. L’operazione - per la quale la Vita Srl non aveva alcun interesse economico - è stata parzialmente pagata mediante l’accollo di circa 22 milioni di euro di debiti che la Spa aveva verso le banche.C’è inoltre l’accusa di bancarotta documentale per aver tenuto i libri e le scritture contabili in modo da rendere impossibili la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della Vita Srl.

La nomina di un amministratore giudiziario

Dopo il sequestro delle quote di Expand Srl e Vitali Spa, il gip nominerà un amministratore giudiziario per la loro gestione. La Vitali ha portato a termine e ha ora in corso lavori e progetti da milioni di euro in tutta la città: Porta Sud, la stazione ferroviaria, l’ex Centro servizi di Azzano, il collegamento autostradale Treviglio-Dalmine, l’e-Brt da Bergamo a Dalmine, solo per citarne alcune. Dato l’interesse pubblico, i cantieri proseguiranno senza soste. I fratelli mantengono le loro cariche all’interno delle società e sarà poi il giudice, a stabilire quali poteri decisionali avrà l’amministratore

La replica dei due fratelli indagati

«Nel rispetto che le decisioni giudiziarie impongono, si ritiene che la vicenda rappresenti un mero equivoco processuale che quanto prima sarà chiarito; basti pensare che sono stati soddisfatti tutti i creditori e quindi nessun danno è stato arrecato.Circostanza, questa, verificabile documentalmente» è il commento dell’avvocato dei fratelli Vitali, Filippo Dinacci. Vitali Spa «prende atto con sorpresa e confermiamo la nostra estraneità alla vicenda. Siamo certi che la questione sarà risolta al più presto». In una nota Europa Verde si rivolge alla Regione chiedendo di «abbandonare il progetto fallimentare dell’autostrada Treviglio-Dalmine». Mentre in Consiglio comunale a Bergamo il consigliere di minoranza Filippo Bianchi (Fratelli d’Italia) ha chiesto un aggiornamento sul progetto a Porta Sud.

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