Il delitto di Mapello: Ivano, la recita per sviare i sospetti

L’OMICIDIO. Il cugino arrestato per l’omicidio di Stefania Rota in paese è descritto come un guascone. La vittima nel suo diario: «Attenzione a lui». Il 61enne ha ammesso. Movente, non si escludono questioni di denaro.

«Lunedì 24 aprile, tre giorni dopo che avevano scoperto il corpo di Stefania, ho incrociato il cugino fuori da casa sua. Abbiamo scambiato poche parole, mi ha detto che era rimasto male. Non avrei mai pensato che stessi parlando con la persona che l’aveva uccisa». Il titolare della ditta edile che ha in affitto il capannone posto tra l’abitazione della vittima e quella del presunto assassino a Mapello in via XI Febbraio (come la data a cui viene fatto risalire il decesso: che coincidenza), è ancora incredulo oggi. Anche lui preda della recita che Ivano Perico, 61 anni, detto Ivan, rappresentante di una azienda produttrice di birra ora in pensione, aveva cominciato a metter su per sviare i sospetti. «L’ho visto al funerale di un nostro amico comune a metà di aprile: era lì come se niente fosse», s’indigna un conoscente (in paese raccontano molto e con dovizia di particolari, ma quasi tutti dietro la promessa di anonimato).

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L’uomo finito in manette sabato con l’accusa di aver ucciso Stefania Rota, 62 anni, nubile e dalla vita solitaria, fingeva smarrimento, sperando che questo teatro riuscisse a garantirgli impunità. Come se bastasse simulare uno stato d’animo per cancellare gli indizi che si era lasciato alla spalle come sassolini di Pollicino, seguendo i quali i carabinieri della Sezione operativa di Bergamo sono risaliti a lui. Alla fine, in caserma, Perico ha ammesso le proprie responsabilità. Scelta che potrebbe ribadire nei prossimi giorni in occasione dell’interrogatorio di garanzia in carcere, davanti al gip Massimiliano Magliacani che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare.

A inchiodarlo c’è il diario che la vittima ha tenuto con certosina premura sino all’11 febbraio. Pagine dove era annotata non solo la quotidianità banale degli orari della sveglia, della colazione, della spesa al supermercato, del rifornimento di benzina, ma anche le sensazioni intime che per gli inquirenti si sono trasformate nell’autostrada in grado di portare dritto a Perico. «Attenta, Ste, a Ivano... ma questo già lo sai», scriveva a se stessa la 62enne. Il motivo di questa preoccupazione, che poi potrebbe essere anche il movente dell’omicidio, non è ancora chiaro. Gli inquirenti escludono questioni sentimentali e continuano a tenere tra il ventaglio di ipotesi quelle economiche. Screzi su eredità, su beni immobiliari da spartirsi? Se è davvero la pista dei soldi quella giusta, il motivo del contendere sarebbe ben più modesto. Anche se non risultano prelievi dall’11 febbraio in poi sui conti della vittima.

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Perico, una moglie che lavora e una figlia 17enne (con loro in casa viveva anche l’anziana madre dell’uomo), in paese è descritto come un tipo brillante, che in passato girava su auto di grossa cilindrata (una andò distrutta in un incidente notturno una quindicina d’anni fa) e si concedeva serate e bollicine in locali di Milano. Al netto dell’onda deformante della diceria, Mapello lo racconta come un guascone, in molte occasioni euforico e un po’ logorroico, simpatico e divertente, giocatore di carte, che era solito eclissarsi nei periodi in cui era a corto di denaro. «L’11 febbraio era il sabato in cui si giocava Lazio-Atalanta. Lui è arrivato al bar ed era mezzo per aria», ricorda un suo conoscente. Stefania forse era già morta e Ivano cominciava a interpretare la sua commedia, dietro la quale però fermentavano gli indizi. Li vedevano passeggiare spesso insieme in direzione di Ambivere, ma quando lei sparisce lui non si preoccupa, non la cerca, rassicura tutti dicendo che la cugina è in Liguria ad assistere un anziano. E per rafforzare le fondamenta del suo castello di menzogne, sposta la Ford Fiesta della 62enne dal cortile, la parcheggia in via Foscolo, a 150 metri da casa, di modo che, non vendendola, gli altri parenti siano indotti a credere che lei sia davvero al mare. Ma Perico poi sfida il destino, usando la vettura in pieno giorno (fino al 21 aprile, quando viene scoperto il cadavere e cominciano le indagini). E questa imprudenza gli cuce addosso un altro pesante indizio: incrociando gli spostamenti tracciati dal Gps dell’utilitaria con le celle agganciate dal telefonino del presunto omicida, i tragitti risultano pressoché coincidenti.

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Il 61enne che è convinto di darla a bere a tutti, ritenendo la dissimulazione sufficiente per un delitto perfetto, trascura clamorosamente la tecnologia. Che gli presenta un altro conto salato: gli inquirenti dai tabulati telefonici scoprono infatti che sino all’11 febbraio le chiamate a Stefania sono numerose, dopo di che si interrompono improvvisamente. Perché uno che la contatta anche più volte al giorno, smette di farlo? Se, come andava dicendo, la cugina era al mare, perché non sentirla ogni tanto anche solo per capire come stava? Perché, sostiene chi indaga, sapeva che Stefania non poteva più rispondere.

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