Da 15 anni la vita sale in cattedra con l’esperienza di Ragazzi On the Road. Venerdì i festeggiamenti

Il progetto. L’associazione nata nel 2012 ha raggiunto fino a oggi più di 800 giovani in Lombardia. L’11 novembre al Centro Congressi Giovanni XXIII una mattinata per ripercorrere la storia «on the road».

«Le persone - scrive Eleanor Roosevelt - crescono attraverso l’esperienza se vanno verso la vita onestamente e coraggiosamente. È così che si costruisce il carattere». È proprio questo - imparare dalla strada, sperimentare in prima persona - il motore di «Ragazzi On the Road», progetto che l’11 novembre (a partire dalle 11 al Centro Congressi Giovanni XXIII di Bergamo info http://pernice.com/on-the-road-11-novembre/) festeggia i suoi primi 15 anni, in cui ha raggiunto oltre 800 giovani in Lombardia nelle province di Bergamo, Brescia, Milano e Sondrio. Quanto sia coinvolgente lo si vede stringendo le mani e guardando negli occhi i giovani dello staff, che dopo aver partecipato da studenti hanno deciso di proseguire mettendosi dalla parte degli organizzatori, a servizio di altri, per offrire anche a loro l’occasione di cambiare prospettiva. Un «allenamento alla responsabilità» importante per costruire un futuro migliore.

È la vita stessa a salire in cattedra, come spiega Gabriele Ghilardi, uno dei testimonial del progetto, studente dell’ultimo anno dell’istituto tecnico commerciale «Leonardo da Vinci» di Bergamo: «Nel 2020 ho avuto un gravissimo incidente in moto. Non mi ricordo molto di quel momento, perché cadendo ho perso conoscenza. Il casco si è spaccato in due: indossarlo mi ha salvato la vita. Ho riportato gravi fratture, ho dovuto sopportare tre interventi e ci sono voluti due anni per rimettermi in piedi, ma ho affrontato tutti gli ostacoli cercando di restare sereno, come una sfida con me stesso». A un certo punto ha deciso di rendere pubblica la sua storia per sensibilizzare i coetanei. Sotto le foto del ricovero in ospedale, pubblicate sul suo profilo Instagram, ha scritto «Amala con il cuore aperto, guidala con il cervello acceso», sfruttando un doppio senso: la vita e la moto. Questo periodo gli è servito per crescere: «Ho imparato a stare bene con me stesso, a coltivare le mie passioni. Sono riuscito a superare la sofferenza e la fatica grazie alla vicinanza della famiglia e degli amici, mi hanno dato coraggio. Nei momenti più bui cercavo di pensare al futuro, immaginando che cosa avrei potuto fare una volta guarito: sciare, giocare a calcio, tornare a guidare la mia moto. Sono stato fortunato, ora la mia vita è esattamente come prima dell’incidente».

Ha accolto volentieri l’invito di Alessandro Invernici all’edizione 2021 di «Ragazzi On the Road» a Livigno: «Dopo aver raccontato la mia storia agli altri partecipanti ho trascorso una notte sulla strada con le forze dell’ordine. È stato molto toccante potermi immergere in questa realtà prima da persona soccorsa e poi da soccorritore. L’incidente mi ha cambiato la vita, ora ragiono in modo diverso, sono più consapevole, più attento a limiti e regole. Penso quindi che raccontare la mia esperienza possa essere utile anche ad altri». Gabriele, fra l’altro, nel lungo cammino di recupero, osservando i professionisti che lo hanno affiancato dopo l’incidente ha trovato anche la sua vocazione: «Vorrei seguire un corso di fisioterapia o massoterapia».

L’idea di partenza

L’associazione, presieduta da Egidio Provenzi, è nata nel 2012 da un’idea del giornalista Alessandro Invernici, ora vicepresidente, e dell’agente della polizia locale Giuseppe Fischino. Propone un percorso pratico di «educazione alla legalità» svolto accanto a chi si prodiga tutti i giorni per la sicurezza stradale, come polizia locale, istituzioni e soccorritori. «A chi partecipa - spiega Invernici - accade per esempio di accompagnare i controlli, gli alcol-test, le rilevazioni della velocità, gli interventi in caso di incidente accanto a soccorritori di Areu e Vigili del Fuoco, oppure di trascorrere una giornata nei panni del sindaco, del prefetto, del questore, per conoscere le istituzioni dall’interno». In alcune occasioni anche i genitori vengono coinvolti, e seguono con interesse attività analoghe a quelle dei figli, sempre «in presa diretta».

Capita che siano episodi drammatici a spingere i giovani ad avvicinarsi, per riuscire a dargli un senso, impegnandosi nella prevenzione degli incidenti: «Luca e Matteo, due ragazzi che come me frequentavano l’istituto Galli di Bergamo - racconta Elena Tardivo, 21 anni, di Scanzorosciate - sono stati investiti fuori da una discoteca e sono morti. È stato difficile non vederli più a scuola, così, da un giorno all’altro. Ho pensato a questo quando ho sentito parlare per la prima volta dell’associazione dal sindaco e dal comandante della polizia locale del mio paese, quando hanno distribuito la costituzione ai neo-diciottenni. Così ho colto l’occasione al volo, perché mi è sembrato che attraverso questa esperienza avrei potuto fare qualcosa per migliorare la sicurezza e la legalità. Partecipare mi ha reso più consapevole dei rischi che si corrono sulla strada, e mi ha dato slancio per il mio futuro. Il mio ruolo adesso è accompagnare i ragazzi sul campo e mi piace moltissimo: vedo cambiare il loro sguardo dopo ogni incontro».

Molti giovani pensano soprattutto alla funzione sanzionatoria delle forze dell’ordine, come osserva Marco Zanchi, 23 anni, studente di Giurisprudenza all’Università di Bergamo: «Il progetto On the Road mi ha permesso di vederle in modo diverso, ho capito che il loro intento non è punire ma proteggere. Nell’associazione ho trovato una grande passione e una seconda famiglia, ora mi preme farla conoscere il più possibile». È insolita la storia di Luca Ronzoni, 19 anni, studente di Economia aziendale all’Università di Bergamo: «Mi sono ammalato di Covid ma non ho più recuperato gusto e olfatto. Ormai sono passati due anni, sono stato in cura in diverse strutture ma finora nessuno è riuscito a trovare una soluzione». Salute e sicurezza sono due ambiti strettamente collegati, così entrare a far parte dell’associazione Ragazzi On the Road per lui è stato un passo naturale, dato che lo scopo è «promuovere consapevolezza attraverso la testimonianza e una migliore conoscenza della realtà».

L’aiuto tra pari

Alla base di ogni iniziativa c’è il metodo del «peer-to-peer» l’aiuto reciproco tra coetanei, la circolazione di messaggi che viaggiano in modo più semplice ed efficace attraverso canali «orizzontali» di dialogo e confronto. Vedere, toccare con mano, incontrare, raccontare: sono tutti strumenti usati per migliorare le opportunità di comunicazione, potenziati e valorizzati negli ultimi anni con il contributo del «tirocinio d’eccellenza» proposto agli studenti dell’Università di Bergamo. «Un’occasione per indossare i panni del reporter - racconta Cristina Salemi, che da quella esperienza è poi passata nella Segreteria dell’associazione - mettersi a fianco delle istituzioni ed entrare nei meccanismi complessi dei rapporti con i media. È proprio così che mi sono avvicinata all’associazione nel 2016, durante l’ultimo anno della laurea magistrale in comunicazione, cogliendo al volo la possibilità di partecipare al tirocinio. Non sapevo di preciso cosa avrei dovuto fare, ma mi affascinava l’idea di raccontare in presa diretta ciò che accade sulle strade, tanto che poi ho continuato a farlo».

C’è un mondo che si muove intorno al numero unico di emergenza 112, ed è questo che ha affascinato Daniele Rossi, vent’anni, di Nembro. Si è avvicinato a «Ragazzi On the Road» partecipando a un laboratorio di alternanza scuola-lavoro su questo tema: «Ho incontrato un ambiente molto accogliente e stimolante - racconta - perciò ho deciso di proseguire la collaborazione e in seguito di entrare a far parte dello staff organizzativo. Alessandro ci ha invitato a toccare con mano, e in effetti uscire di notte di pattuglia sulla strada è stata un’esperienza molto forte, senza filtri, che mi ha catturato fin dalla prima volta. Ho avuto la possibilità di apprezzare il lato umano delle istituzioni, che si manifesta anche nelle operazioni quotidiane di routine. In ogni gesto ho visto la voglia di servire e di curare il prossimo, anche quando si tratta di un lavoro e non di volontariato come accade all’oratorio. Quando accompagno nuovi ragazzi nelle loro prime uscite mi stupisco sempre nel vedere come cambiano prospettiva e opinioni a contatto con la realtà. Ogni volta che qualcuno torna e racconta le sue impressioni è come rivivere le stesse emozioni».

I fronti aperti

«Educare è come seminare - scrive il cardinale Carlo Maria Martini - il frutto non è garantito e non è immediato, ma se non si semina è certo che non ci sarà raccolto». I semi deposti da «Ragazzi On the Road» sono molti, e dopo quindici anni i risultati mostrano, come sottolinea Invernici che «dare responsabilità ai giovani li porta a dare il meglio di sé e ogni azione mette un tassello per costruire una comunità educante».

Fra i tanti fronti aperti, accanto alle collaborazioni con diversi atenei, un saggio appena pubblicato con il case study del progetto edito da Franco Angeli e l’ampliamento delle attività sul territorio, c’è anche quello di alimentare rapporti fertili tra generazioni diverse. L’associazione ha trovato infatti una sede accogliente all’interno di Domitys, un complesso residenziale in città dedicato ad anziani autosufficienti. «Abbiamo partecipato insieme - giovani e anziani - ad alcuni laboratori creativi - racconta Ambra Ripamonti, 21 anni, di Nembro -. Ci sono state occasioni significative di incontro e di condivisione».

Questo progetto è fatto per lasciare traccia nel cuore di chi partecipa: «Molti - conclude Invernici - trovano così la loro vocazione, diventando poi agenti di polizia locale, carabinieri, agenti di polizia, finanzieri, vigili del fuoco, medici e soccorritori. Ognuno, al di là della strada che sceglie, porta con sé una sensibilità nuova, contribuendo alla diffusione di una cultura fatta di attenzione, cura e rispetto verso gli altri».

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