A Cividate: «Sparò ad acquirente di droga». Assolto militare dell’Esercito

IL CASO. Caporal maggiore era accusato di tentato omicidio nell’ambito dello spaccio. Scarcerato dopo tredici mesi passati in cella.

Cividate al Piano

Assolto con la formula che richiama la vecchia insufficienza di prove e di conseguenza scarcerato dopo 13 mesi passati in una cella di San Vittore. L’accusa per un uomo di 43 anni, caporal maggiore dell’Esercito in servizio a Bellinzago Novarese, attualmente sospeso, era di tentato omicidio e nell’udienza del 10 settembre il pm Laura Cocucci aveva chiesto una condanna a 10 anni. Secondo la Procura, sarebbe stato lui a sparare 13 colpi di pistola contro un 27enne di origini marocchine, giunto da Pavia a Cividate al Piano il 27 marzo dello scorso anno per acquistare sostanza stupefacente.

Regolamento di conti

Un regolamento di conti avvenuto nell’ambito del controllo delle zone di spaccio tra bande rivali, cui il militare, per l’accusa, avrebbe preso parte. Per i difensori Domenico Meddis e Bruno Ganino, intervenuti nell’udienza del 24 settembre chiedendo l’assoluzione piena, il sottufficiale sarebbe invece estraneo all’episodio. Il 43enne è indagato a piede libero in un’altra indagine su sostanze stupefacenti e armi ed è stato vittima di un sequestro 4 giorni dopo l’episodio di Cividate: costretto a salire su un’auto, picchiato, incappucciato con un sacchetto al’interno del quale c’era polvere bianca e gettato dal’auto in corsa. Il militare non ha mai voluto spiegare.

L’accaduto

Il 27 marzo 2024 il 27enne di origini marocchine nella Bassa bergamasca giunge su una Peugeot 108 con più di mille euro per acquistare droga. Mentre è fermo in auto un paio di persone s’avvicinano col volto travisato, un’altra sbuca alla sua sinistra e attraverso il finestrino lato guidatore esplode i colpi che lo feriranno a un braccio e a una gamba. Accade tutto dalle 21,50 alle 22,10 e la scena del crimine in quei 20 minuti risulta piuttosto affollata. Sul posto i carabinieri repertano un bossolo di fucile oltre ai 13 di pistola calibro 7,65.

La testimonianza

C’è poi la targa rilevata in zona che riconduce alla Fiat Punto del 43enne Il quale sostiene che quella sera era a cena a casa di un’amica a Urago d’Oglio, paese bresciano confinante con Cividate, e di aver prestato l’auto a un conoscente. La donna è stata sentita nell’udienza del 10 settembre e ha confermato la versione. Ma la sua deposizione non è stata ritenuta credibile, tanto che i giudici hanno trasmesso gli atti alla Procura perché verifichi se ci sono gli estremi delle false dichiarazioni.

La difesa

Nonostante questo l’assoluzione è giunta lo stesso. Il perché lo si leggerà nelle motivazioni, ma appare chiaro che diversi indizi non siano andati oltre il ragionevole dubbio. A cominciare dalla descrizione da parte della vittima, incapace di cogliere la cicatrice sul volto dell’imputato. «È credibile uno spacciatore delinquente che sta rovinando giovani della comunità?», ha rimarcato Ganino, parlando di bande rivali e armate di pusher che si contendono il territorio di spaccio, «criminali incontrollati che mettono paura alle persone per bene e in quest’aula vengono invece incensati».

«La vittima ha descritto una persona corpulenta e invece il nostro assistito è alto 170 cm e magro»

Per la difesa la parte offesa avrebbe cercato di compiacere gli inquirenti e sarebbe stato anche imbeccato durante la ricognizione fotografica. «In occasione del secondo riconoscimento i soggetti ritratti erano gli stessi del primo album, ma in più è stata inserita la foto dell’imputato, quindi si può parlare di suggestione – ha osservato Meddis –. Inoltre la vittima ha descritto una persona corpulenta e invece il nostro assistito è alto 170 cm e magro». Il legale ha inoltre fatto notare che sui bossoli sequestrati non è mai stata ritrovata una traccia biologica o dattiloscopica riconducibile al caporal maggiore. Infine, Ganino ha messo i rilievo un altro particolare: «L’imputato è un militare, ha in dotazione passamontagna d’ordinanza. Perché agire a volto scoperto col rischio di essere riconosciuto, anche per via della cicatrice in volto?».

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