Treviglio, pensionato morì travolto sulle strisce da auto pirata: l’imputato è latitante da 5 anni

IL PROCESSO. L’incidente nel 2018. Secondo l’accusa sarebbe fuggito, avrebbe incendiato la vettura per cancellare le prove e poi minacciato un testimone: chiesta la condanna 6 anni. Per la difesa non c’è la certezza che guidasse lui.

L’accusa è pesante: omicidio stradale aggravato dalla fuga. Un 42enne di origini marocchine che abitava a Treviglio avrebbe travolto e ucciso con l’auto un pensionato che stava attraversando sulle strisce. Non solo: stando alle contestazioni si sarebbe dato alla fuga, avrebbe incendiato la vettura per cancellare le prove e poi minacciato un testimone.

Anche in virtù del fatto che l’imputato ha commesso un reato simile nei 5 anni precedenti, il pm Maria Esposito nell’udienza di venerdì 2 febbraio ha chiesto una condanna a 6 anni. Ma l’imputato da 5 anni è latitante. E il difensore, l’avvocato Michele Comotti, visto che sull’auto investitrice c’erano anche i fratelli, ha chiesto l’assoluzione perché non c’è la granitica certezza che fosse lui al volante.

L’incidente nel 2018

L’incidente accadde alle 20,30 del 15 settembre 2018 in via Buonarroti a Treviglio, proprio di fronte a casa della vittima, Francesco Zibetti, 85 anni. L’auto che lo travolse viaggiava a velocità elevata e sull’asfalto era rimasta una frenata di 57 metri: le lesioni non avevano lasciato scampo all’anziano che era morto il giorno successivo. Il conducente aveva tirato dritto. Due giorni dopo in un campo di Mozzanica era stata trovata un’auto incendiata, un’utilitaria di marca Kia. La polizia stradale di Treviglio e il commissariato di Treviglio, grazie al numero di telaio, erano riusciti a risalire al 42enne. Il quale, nel frattempo, aveva comprato una Bmw. Qualche giorno più tardi un cittadino marocchino s’era rivolto agli inquirenti dicendo di aver assistito all’incidente e aver riconosciuto il 42enne al volante. Il testimone 24 ore più tardi era stato minacciato dal 42enne, che lo aveva invitato a non parlare altrimenti gli avrebbe fatto uccidere la madre in Marocco. Uno dei fratelli dell’imputato era arrivato anche ad aggredire il teste. Che ora è irreperibile e non ha potuto deporre a processo.

«Per una testimonianza così delicata è necessario l’esame in contraddittorio», ha osservato il difensore lasciando intendere che il verbale della testimonianza resa davanti alla polizia non può aver valore a dibattimento. La sentenza il 14 febbraio.

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