Covid, la relazione di Crisanti: «All’ospedale di Alzano circolava dal 4 febbraio 2020»

L’inchiesta. Lo si legge nella consulenza del microbiologo Andrea Crisanti depositata agli atti dell’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della prima ondata del 2020.

All’ospedale di Alzano Lombardo il Covid circolava dal 4 febbraio 2020, più di due settimane prima della data del caso di Paziente 1, con tre pazienti infetti ricoverati nel reparto di medicina al terzo piano e uno nel reparto al secondo piano «con un quadro clinico compatibile con infezione da Sars-Cov2 poi confermata con tampone molecolare». Lo riporta la consulenza del microbiologo Andrea Crisanti depositata agli atti dell’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della prima ondata di Coronavirus nella Bergamasca.

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Per «sopperire» alla carenza di mascherine chirurgiche e di Ffp2, scrive ancora Crisanti nella sua relazione, nei giorni successivi al 23 febbraio 2020, agli operatori sanitari dell’ospedale di Alzano Lombardo è stato suggerito e data l’autorizzazione «a utilizzare le mascherine dei kit anti-incendio presenti» nei reparti. Dalle chat risulterebbe che il personale «è stato istruito a riutilizzare» le Ffp2, «procedura contraria a ogni principio di sicurezza e prevenzione», scrive Crisanti.

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«Dal 28 febbraio in Italia scelte di improvvisazione»

Fu il «28 febbraio 2020», si legge in un altro passaggio della relazione, il giorno cruciale che portò l’Italia a non riuscire a contrastare la pandemia da Covid, malgrado i dati a disposizione, perché invece che alle zone rosse, come quella da applicare in Val Seriana, il Comitato tecnico scientifico si affidò a «misure proporzionali» per combattere un «virus che si propagava esponenzialmente».

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Le «valutazioni e le decisioni del Cts prese il 28 febbraio», si legge, «avranno conseguenze devastanti nel controllo dell’epidemia in Italia che si trova da quel momento in balia all’improvvisazione». Il piano pandemico nazionale «non era stato attivato il 5 gennaio», giorno dell’allarme lanciato dall’Oms, e poi il 28 febbraio il Cts «abbandonava anche le indicazioni del Piano Covid di risposta all’emergenza preparato dalla fondazione Kessler». Adottò, invece, come risulta dagli atti acquisiti dagli inquirenti, una linea «ispirata a un principio di proporzionalità». Come se, scrive Crisanti, «prima di estendere le misure previste per la zona rossa si dovesse realizzare uno scenario ancora peggiore di quello che aveva indotto il Cts e il MInistro Speranza a secretare il Piano Covid».

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