Nadia Ghisalberti verso le primarie
Remuzzi: ha passione civica

Per una volta non interviene su problemi di organizzazione sanitaria. Giuseppe Remuzzi veste i panni di possibile «first gentleman» di Nadia Ghisalberti, in corsa per il Patto Civico alle primarie di centrosinistra per la scelta del candidato sindaco della città.

Per una volta non interviene su problemi di organizzazione sanitaria, né ci spiega l’ultimo riconoscimento in ambito internazionale. Giuseppe Remuzzi, direttore dei dipartimenti di Medicina e di Trapianti del Papa Giovanni XXIII e «research coordinator» dell’Istituto Mario Negri, veste i panni di possibile «first gentleman» di Nadia Ghisalberti, in corsa per il Patto Civico alle primarie di centrosinistra per la scelta del candidato sindaco della città.

Professore, l’ha sorpresa la discesa in campo di sua moglie?

«Mi è sembrata del tutto naturale. È stata la conseguenza di quello che Nadia fa giorno per giorno».

Come l’ha vista crescere dal punto di vista politico?

«L’ho seguita da vicino. In casa non si parla di medicina, solo di “Comune”. Nadia mette una grande competenza in tutto quello che fa, cerca sempre di approfondire prima di decidere. Ogni tanto mi chiede un parere sull’efficacia comunicativa delle sue interrogazioni o dei suoi comunicati stampa. Ha entusiasmo e tanta passione “civica”, che va aldilà di quello che le conviene fare, e che qualche volta ai politici manca. E credo che la sua formazione scientifica (ha insegnato Scienze al liceo) l’aiuti molto».

Cioè?

«Un pezzo di Lamberto Maffei pubblicato recentemente sul “Sole 24 Ore” ha fatto vedere che il numero dei laureati in materie scientifiche in Parlamento è davvero esiguo: appena il 23% e questo spiega come mai tante volte si legifera senza tener conto delle evidenze scientifiche. “Conoscere per deliberare” diceva Einaudi, forse ce lo siamo dimenticati».

Non le sembra un’affermazione un tantino azzardata?

«C’è un interessante studio realizzato a Washington: si è presa coscienza del fatto che i politici non ascoltano abbastanza gli scienziati. E mi creda, lì, rispetto a noi li ascoltano tantissimo. Prendere decisioni che riguardano la vita di una comunità è un processo che richiede un rigore simile ad un percorso scientifico. I ragionamenti devono essere impostati in modo logico, il rapporto causa-effetto per esempio è fondamentale. È una cosa semplice, ma la maggior parte dei politici (non solo da noi) su questo non ha le idee abbastanza chiare. Avere amministratori con conoscenze scientifiche aumenterebbe molto le capacità di risolvere i problemi o comunque di affrontarli in modo adeguato».

Sua moglie ha scelto una lista civica. Anche lei ritiene che i partiti non siano più in grado di dare risposte ai cittadini?

«La gente è stanca della politica tradizionale. Quello che succede a Roma è sempre più lontano dai problemi e dai bisogni della gente. Le amministrazioni locali dovrebbero muoversi in una logica del tutto diversa e avere come unico riferimento i cittadini con un programma orientato a risolvere i problemi del loro territorio».

Facciamo l’ipotesi che sua moglie, dopo aver vinto le primarie, vinca anche le elezioni e diventi sindaco della città. Tra i compiti c’è la tutela della salute pubblica. Cosa le suggerirebbe?

«Certo che fra i compiti del sindaco c’è la tutela della salute dei cittadini. Oggi nel mondo le patologie più gravi dipendono proprio dall’urbanizzazione, e cioè dall’inquinamento dell’aria, dagli incidenti stradali, dalla cattiva alimentazione, da droga e alcool, Aids e adesso anche nuovi virus e dalla povertà. Uno studio recentissimo ha evidenziato che persino i tumori sono malattie metaboliche (dipendono cioè dal mangiare troppi grassi e troppi zuccheri). Tutto questo si può prevenire».

Lo dicono tutti...

«Così da chi governa le città ci si aspetta molto per invertire la rotta e trasformare le città in luoghi dove invece si crea salute. Qualcuno a San Francisco per esempio ma anche a Amsterdam, Liverpool e da noi a Reggio Emilia ha già cominciato a muoversi in questa direzione. Bergamo dovrebbe saper trarre vantaggio da queste esperienze.

Per la prevenzione delle malattie del vivere in città Asl e Comune dovrebbero lavorare insieme. E poi vorrei un sindaco che si occupi anche dei problemi dell’Ospedale (il nostro è forse il più moderno e attrezzato d’Italia) ma il sindaco deve sapere cosa succede lì dentro e volere il meglio per i suoi cittadini perché tante delle scelte che fa l’Ospedale hanno ricadute dirette sulla nostra salute».

Avete entrambi attività e carriere impegnative, come siete riusciti a conciliarle con la famiglia?

«Come per tutti i genitori che lavorano con in più una famiglia un po’ particolare, multietnica diciamo. Wara adesso è psicologa e lavora a Roma. Gabriel è ingegnere biomedico e lavora in un grande Ospedale di La Paz, in Bolivia, e Livio è allievo del “Piccolo Teatro” di Milano».

B

Bergamo è pronta per un sindaco donna?

«Certo! (e le donne di solito sono anche più attente ai problemi della gente di quanto non siano gli uomini). Fra l’altro è appena stato pubblicato un bellissimo studio sul rapporto tra il cervello dell’uomo e quello della donna, che non sono uguali. Il cervello della donna è fatto per facilitare la comunicazione tra processi analitici e intuitivi, proprio quello che dovrebbe servire a un sindaco».

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