«Giovani poco disposti ai sacrifici»
Immigrati più motivati nel lavoro

Bamboccioni (secondo la definizione di qualche anno fa del ministro dell’Economia del governo Prodi, Tommaso Padoa Schioppa) o «choosy», cioè schizzinosi (come li aveva poi bollati il ministro del Lavoro del governo Monti, Elsa Fornero)?

Bamboccioni (secondo la definizione di qualche anno fa del ministro dell’Economia del governo Prodi, Tommaso Padoa Schioppa) o «choosy», cioè schizzinosi (come li aveva poi bollati il ministro del Lavoro del governo Monti, Elsa Fornero)?

Sono ancora così i nostri ragazzi nel rapporto con gli studi e il lavoro? Rinunciatari e poco disposti al sacrificio? In parte ancora sì, ma qualcosa è cominciato a cambiare negli ultimi mesi, da quando cioè la crisi ha fatto sentire in maniera più marcata i suoi effetti sul mercato del lavoro, con il 40% di disoccupazione giovanile a livello nazionale.

A presentare una situazione un po’ ancora statica e un po’ invece in cambiamento sono imprenditori e responsabili del personale di alcune aziende bergamasche. «Il problema - dicono Roberto Aresi, presidente della Falegnameria Aresi di Treviglio e suo figlio Giancarlo, direttore tecnico - è che non tutti i giovani recepiscono che oggi viviamo in una situazione di crisi o comunque di cambiamento del mercato del lavoro, mutato anche rispetto a pochi anni fa, e non vogliono adeguare sia il modello economico sia lo stile di vita».

«È evidente che oggi bisogna impegnarsi in maniera diversa rispetto al passato, il che non vuole dire necessariamente lavorare di più. Ma non ci s i può più accontentare di una prestazione mediocre o appena sufficiente. Sul piano dell’istruzione per noi la risposta c’è, forse perché la nostra azienda pesca parecchio in una scuola che prepara ancora seriamente i ragazzi come i Salesiani di Treviglio, tuttavia riscontriamo un comportamento da parte dei giovani carente non all’altezza di quanto oggi un’impresa richiede. E allora dobbiamo provvedere noi stessi alla formazione sia tecnica sia comportamentale, impartendo quelle regole che la famiglia non insegna più. Oggi non basta più avere obiettivi medi, ottenuti con un impegno medio».

E gli Aresi aggiungono una considerazione: «Notiamo anche una differenza sostanziale tra i nostri giovani e gli immigrati: quest’ultimi sono molto più motivati, forse perché vengono da contesti più difficili dei nostri. E non si tratta più ormai solo di bassa manovalanza perché esiste una generazione di immigrati, da diversi anni in Italia, che mostrano disponibilità e voglia di fare . Tant’è vero che da noi un romeno sta diventando direttore di cantiere, un ruolo importante ma che richiede anche notevole impegno. Ecco, quello che manca a una parte dei nostri ragazzi è lo spirito di sacrificio».

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