Delta Index / Bergamo Città
Venerdì 16 Maggio 2025
Dalla cucina alla vita: come trasformare i giovani in professionisti (e viceversa)
CAPITALE UMANO. Nel cuore della brigata del ristorante «Da Vittorio», un modello di formazione che fonde mestiere, responsabilità e fiducia. La testimonianza dello chef tristellato Chicco Cerea per l’Osservatorio Delta Index
«Non cucini per te stesso, cucini per gli altri». Dietro questa affermazione di Chicco Cerea, chef e imprenditore del ristorante tristellato Da Vittorio, c’è una visione profonda della formazione. Non si tratta solo di insegnare a cucinare, ma di accompagnare i giovani a diventare professionisti consapevoli, capaci e – soprattutto – persone migliori. E il luogo dove tutto questo avviene non è un’aula scolastica, ma una brigata di cucina, dove il lavoro è relazione, ascolto, energia che si scambia. L’Osservatorio Delta Index, che misura la distanza tra aziende e under 27, ha incontrato Chicco Cerea per approfondire il metodo con cui vengono accolti, formati e valorizzati i giovani che entrano a far parte del mondo Da Vittorio. Un mondo che, come spiega lui stesso, «non è solo un ristorante, ma una comunità». E forse è proprio questa la parola-chiave: comunità.
Un onboarding da manuale (ma senza manuale)
Tutto parte da una selezione attenta. I candidati affrontano una serie di colloqui, con Chicco, con il fratello Enrico, con gli altri membri dello staff. «A chi entra a far parte della nostra squadra facciamo vivere da subito l’esperienza del mondo Da Vittorio», racconta. Si comincia con la presentazione ufficiale durante il briefing quotidiano, in cui ogni nuovo arrivato racconta chi è, da dove viene, qual è il suo percorso. Poi inizia l’affiancamento in cucina, nei ranghi più
semplici, sotto la guida di uno chef più esperto. Nessun battesimo di fuoco: si cresce per gradi, in base alle capacità dimostrate, ai tempi personali, alla voglia di mettersi in gioco. «Il nostro compito è capire chi abbiamo davanti, ascoltarlo davvero, e costruirgli un cammino su misura», dice Cerea. E se qualcuno è pronto a viaggiare o desidera fare esperienze all’estero, vengono proposti percorsi anche nelle altre location del gruppo.
Il giovane non è un problema da gestire, ma una risorsa da attivare
Oggi oltre due terzi del personale del gruppo Da Vittorio ha meno di trent’anni. Ma non si tratta di un dato casuale. «Cerchiamo di creare un ambiente in cui un giovane possa esprimersi, sentirsi parte, contare qualcosa. È un dare-avere continuo: noi trasmettiamo sapere, loro ci restituiscono energia». In questo equilibrio si inserisce anche lo spazio per la creatività. I ragazzi sono incoraggiati a proporre nuove ricette, a raccontare le proprie idee. Non è una concessione, ma una scelta precisa. «Durante i briefing chiediamo: avete qualcosa da proporre? E poi li ascoltiamo. Lavoriamo insieme per migliorare le idee, ma è fondamentale che ognuno senta che può contribuire».
«Quando un piatto non funziona, lo diciamo con rispetto, spiegando il perché. E loro accettano. La cosa importante è farli sentire coinvolti, non giudicati»
Non sempre tutto va bene al primo colpo. Ma anche l’errore è occasione di apprendimento. «Quando un piatto non funziona, lo diciamo con rispetto, spiegando il perché. E loro accettano. La cosa importante è farli sentire coinvolti, non giudicati». È così che si costruisce quella fiducia che regge tutto: fiducia in sé stessi, fiducia nella squadra, fiducia nel progetto.
Contro l’autocelebrazione: cucinare per gli altri
Il rischio, in un’epoca di ego ipertrofici e social network, è che i giovani arrivino con una certa «supponenza». Ma Cerea lo affronta con fermezza e affetto. «Capita che qualcuno arrivi e voglia imporre la propria visione, il proprio piatto “capolavoro”. A loro dico: non sei tu a decidere se è un masterpiece. Non cucini per celebrare te stesso, ma per dare un’emozione agli altri. È questo che fa la differenza tra un buon cuoco e un vero chef». Un messaggio forte, che va oltre la cucina. Perché anche fuori dalle cucine stellate, il mondo del lavoro ha bisogno di giovani capaci di ascoltare, di mettersi in gioco, di imparare. E di imprese capaci di educare, senza spegnere la voglia di innovare. È una sfida che riguarda tutti.
I tanti volti giovani del cambiamento
Alla fine dell’intervista, Chicco Cerea fa alcuni nomi. «Davide, Edoardo, Patrick, Manuel, per dirne quattro. Quattro giovani che sono con noi da tempo e che oggi sono diventati dei riferimenti. Ma potrei citarne molti altri». Da Vittorio non è solo un luogo di lavoro, ma una scuola di vita. Un passaggio obbligato, quasi un marchio di qualità: «Chi lavora da noi – spiega – impara uno stile. Quando li mandiamo in altri locali del gruppo, sappiamo che porteranno con sé i nostri valori: qualità, rigore, rispetto». La cucina, in questo caso, è solo il punto di partenza. Il traguardo è molto più ampio: costruire giovani professionisti che sappiano stare al mondo. E forse è proprio questo, oggi, il vero capitale umano da coltivare.
Per approfondire il tema del rapporto tra AZIENDE e GENERAZIONE Z collegarsi al sito dell’Osservatorio Delta Index
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