Delta Index / Hinterland
Venerdì 09 Maggio 2025
«La scuola non basta: ai ragazzi serve
imparare osservando. E la scintilla»
CAPITALE UMANO . Lo chef tristellato Chicco Cerea del ristorante Da Vittorio racconta come si riconosce il talento e sottolinea le carenze della formazione didattica alberghiera: «Servono attenzione, passione e voglia di rubare il mestiere con gli occhi» - IL VIDEO
«Serve qualcosa che scatti dentro». Per Chicco Cerea, chef tristellato del ristorante «Da Vittorio» di Brusaporto, il vero talento non si misura solo con la tecnica. È una questione di atteggiamento, predisposizione e cuore. E quando gli si chiede cosa non debba mancare in un giovane che si affaccia al mondo della ristorazione, la risposta è chiara: attenzione, curiosità, voglia di fare. «Io lo vedo dopo cinque minuti chi ha la stoffa – dice –. Se non ascolti, se non guardi, se non chiedi, se non sei una spugna… non è questione di bravura, è che non ti interessa abbastanza».
Un giudizio netto che arriva dopo decenni passati fianco a fianco con ragazzi in formazione. E proprio di formazione Cerea parla con forza, mettendo in luce la distanza tra scuola e mondo del lavoro. «Negli istituti alberghieri si insegna ancora troppo poco della realtà. I ragazzi vengono qui e non sanno cosa significa davvero stare in una cucina o in una sala. Non è solo una questione di programmi, è l’approccio che va rivisto».
«Negli istituti alberghieri si insegna ancora troppo poco della realtà. I ragazzi vengono qui e non sanno cosa significa davvero stare in una cucina o in una sala. Non è solo una questione di programmi, è l’approccio che va rivisto»
Da un lato, infatti, ci sono studenti che «arrivano svogliati, senza alcuna scintilla». Dall’altro, c’è un sistema formativo spesso poco coinvolgente, che fatica ad appassionare. «La scuola dovrebbe insegnare la cultura del lavoro, il rispetto per i clienti, per i colleghi. E invece spesso manca tutto questo. È difficile accendere una passione se non c’è qualcuno che te la trasmette».
Per Cerea, la formazione deve tornare a essere esperienziale. «La prima carota che ho pelato non me la scorderò mai. Oggi, invece, ci sono ragazzi che fanno sei mesi di stage e non toccano un coltello. Come si fa a imparare?». È un’accusa ma anche un appello: creare percorsi che mettano davvero alla prova, che diano responsabilità, che restituiscano ai giovani la possibilità di sbagliare e crescere.
Anche i genitori hanno un ruolo: «Spesso li accompagnano qui e chiedono: “ma cosa gli fate fare?” Io rispondo: gli facciamo vivere il lavoro»
Anche i genitori hanno un ruolo: «Spesso li accompagnano qui e chiedono: “ma cosa gli fate fare?” Io rispondo: gli facciamo vivere il lavoro». Un lavoro che è fatto di fatica, sì, ma anche di soddisfazioni. E che oggi più che mai ha bisogno di nuovi talenti, capaci di portare energia e visione in un settore in continua trasformazione.
Nel mondo della ristorazione – e non solo – la questione chiave resta quella dell’incontro tra nuove generazioni e imprese. È anche per questo che l’Osservatorio Delta Index misura il livello di attrattività delle aziende verso i giovani, offrendo strumenti concreti per accorciare la distanza tra formazione e lavoro, tra aspettative e realtà.
E come ricorda Cerea: «La scuola può darti le basi. Ma la passione… quella, se non la trovi dentro, non arriva mai».
Per approfondire il tema del rapporto tra AZIENDE e GENERAZIONE Z collegarsi al sito dell’Osservatorio Delta Index
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