Le imprese giovanili e la frenata del 2022: mai state così poche

La tendenza. Sono 7.423, in calo del 2,5% in un anno ma il trend negativo va avanti ormai da un decennio. Mazzoleni: «Segnali positivi dalla montagna orobica».

Si ferma a 7.423 il conto delle imprese giovanili bergamasche attive, il 9% del totale delle imprese iscritte alla Camera di commercio. Il numero è in calo del 2,5% rispetto all’anno precedente, ma ciò che salta all’occhio, nel dettagliato report sulle imprese giovanili redatto dall’ente camerale, è il trend negativo che caratterizza il decennio che va dal 2013 al 2022. Dieci anni in cui il calo è stato costante, attestabile a circa 2,2 punti percentuali ogni anno, con un’unica eccezione di ripresa da segnalare nel 2021, quando però a pesare c’erano alcune misure legate alla pandemia, non ultimo il congelamento delle cessazioni.

Il 2022, perciò, non fa altro che registrare un nuovo calo e segnare il valore più basso del decennio proprio di quelle imprese la cui struttura proprietaria e il controllo sono detenuti in prevalenza da persone tra i 18 e i 35 anni. A onor del vero, lo stesso andamento decrescente lo si riscontra nei numeri generali delle imprese attive, ma il dato rischia di non essere consolatorio visto che la discesa dei giovani imprenditori registra una pendenza nettamente maggiore, tanto che il presidente della Camera di Commercio di Bergamo Carlo Mazzoleni commenta: «La loro maggiore velocità di decrescita può essere letta in relazione all’evoluzione demografica». Infatti, il report camerale misura anche questo confronto. Secondo i dati Istat la popolazione totale della provincia di Bergamo è andata lievemente crescendo, raggiungendo quota 1,1 milioni di residenti a inizio 2022, al contrario, i giovani sono diminuiti drasticamente passando dal 20,2% della popolazione provinciale nel 2013 al 18,9%, ovvero 208 mila persone, nel 2022. Il crollo maggiore fra il 2013 e il 2017, quando i numeri dei giovani si sono tendenzialmente stabilizzati fino ad oggi.

Il 2022, perciò, non fa altro che registrare un nuovo calo e segnare il valore più basso del decennio proprio di quelle imprese la cui struttura proprietaria e il controllo sono detenuti in prevalenza da persone tra i 18 e i 35 anni

Contraddizioni nelle macroaree

Dividendo il territorio provinciale in quattro macro aree si notano tendenze opposte. Da una parte l’area in cui la popolazione giovanile cresce di più è quella urbana, a discapito soprattutto della pianura (-1%) e poi della montagna e della collina. Ma è in pianura, in realtà che si attesta il maggior numero di imprese giovanili. Infatti, al 31 dicembre 2022, il 30,9% delle imprese giovanili attive bergamasche ha sede in pianura, la quota maggiore, seguita dall’area urbana (29,8%), la collina (22,1%) e, infine, la montagna (17,1%). Proprio in pianura, di contro, si riscontra anche il calo maggiore, come sottolinea il presidente Mazzoleni: «È nella montagna bergamasca che si riscontra il valore maggiore di propensione all’impresa giovanile, positivo segnale di intraprendenza laddove il territorio offre meno alternative». Spostando l’attenzione non sul numero assoluto di imprese ma sulla densità imprenditoriale, infatti, è la montagna bergamasca a far registrare i numeri più interessanti. Il dato misura il numero delle imprese giovanili ogni 100 giovani abitanti del territorio ed è così che le zone montane registrano un rapporto pari a 4,1, superiore al dato provinciale (3,6) e regionale (3,8) e pari al dato nazione (4,2).

Quanto al tasso di natalità delle imprese giovanili, nell’ultimo anno risulta pari a 19,4%, inferiore al dato della Lombardia (20,7%) ma superiore a quello nazionale (17,3%) con una evoluzione lungo il decennio che conferma l’andamento discendente. Rispetto alle cessazioni, riferite sia a casi di superamento dei limiti di età con passaggio al complesso delle imprese over 35 sia a casi di vere e proprie cessazioni, sono state 702, in aumento del 26,7% rispetto all’anno precedente, mentre il tasso di mortalità si attesta all’8,9%, abbastanza allineato al valore regionale (8,6%) ma superiore a quello nazionale (7,5%).

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