Diplomazie spuntate, Putin non
si fermerà

Bisogna essere in due per fare la pace. Al momento Vladimir Putin non è di questo avviso e intende andare fino in fondo con l’Ucraina. Ecco perché serve prepararsi al peggio. Ossia la repubblica ex sovietica sarà ridotta definitivamente ad un campo di battaglia con gravi perdite umane. E il rischio di un allargamento del conflitto ad altri Paesi europei diventerà ancora più elevato.

Da otto anni il capo del Cremlino preparava questa campagna. Aveva messo da parte 640 miliardi di dollari in riserve - ora congelate dall’Occidente con una mossa a sorpresa - e ha ammodernato le Forze armate e gli armamenti. Vladimir Putin aveva perso l’occasione nella primavera del 2014, quando procedette con l’annessione della Crimea e scoppiò lo scontro in Donbass, per fare ciò che sta mettendo in pratica ora. Cioè umiliare e smembrare l’Ucraina, ricreando «l’impero», quello che la sua generazione ha visto sfumare nel 1991. Credeva che l’Occidente, impaurito e con le orecchie basse dopo la figuraccia del ritiro dall’Afghanistan, si sarebbe girato dall’altra parte anche questa volta. E invece la risposta è stata così dura che manco l’analista ucraino più ottimista si sarebbe aspettato.

Ma Vladimir Putin è abituato a vincere e ad attaccare sempre. Qualsiasi altra tattica non gli è congeniale. Il presidente russo sa di essere superiore militarmente al suo nemico: proverà pertanto a prendere Kiev e a completare il corridoio sud, a cavallo della Crimea, per togliere all’Ucraina lo sbocco al mare. Nel recente passato, in Caucaso e in Siria, intere città sono state rase al suolo dai russi. Grozny come Aleppo. Adesso è la volta di Mariupol sul mare di Azov.

Le forze di terra, per i suoi piani, al momento appaiono troppo esigue: ecco perché aumenta il pericolo che anche la Bielorussia - da decenni sul libro paga del Cremlino e formalmente membro dell’unione statuale russo-bielorussa - attacchi l’Ucraina, aprendo un altro fronte verso Kiev e le regioni occidentali della repubblica ex sovietica. Le sue basi, a quanto viene denunciato, sono già utilizzate dai russi per colpire i vicini.

Da ore circola poi la notizia che Mosca stia cercando militari presso l’Odkv, una specie di «Patto di Varsavia» tra i Paesi dell’ex Urss e mercenari in giro per il mondo.

In un momento drammatico come questo, il detto «se vuoi la pace, preparati per la guerra» è ancora più attuale. Una scaramuccia di poco conto potrebbe provocare le ostilità tra Russia e l’Alleanza atlantica nella stessa Ucraina, nel Baltico o nel Mediterraneo.

Cosa può far desistere Putin dalle sue mire? Niente. Basta ascoltare i suoi discorsi pubblici. Il capo del Cremlino sta facendo i conti con la storia e vuole rovesciare gli esiti dello scioglimento dell’Urss. Solo una sconfitta militare in Ucraina o il rimanere senza soldi per finanziare la sua campagna possono fermarlo.

Da questi elementi si capisce come le diplomazie siano oggi spuntate e le loro chance di fare un miracolo sono ridotte. Turchi, israeliani, cinesi non riescono a trovare il bandolo della matassa. Lo stesso vale per il Vaticano. L’appoggio incondizionato del Patriarca Kirill all’«operazione militare speciale» di Putin toglie qualsiasi illusione.

La tragedia ucraina di oggi è più grave della crisi di Cuba nell’ottobre 1962. Per ironia della sorte esistono formalmente oggi meno «sicure» sul bottone nucleare. Ad un certo punto sarebbe folle iniziare la classica «roulette russa», giocandosi – a seconda della situazione – il tutto per tutto. In tal caso si dovrà sperare solo nell’intervento delle élite di Mosca.

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