
L'Editoriale / Bergamo Città
Martedì 12 Agosto 2025
Giornalisti nel mirino, la libertà di vedere
MONDO. Nella Striscia di Gaza dall’inizio della guerra, il 7 ottobre 2023, nei raid israeliani sono stati uccisi 242 giornalisti.
Un tragico record, a conferma dell’intensità dei bombardamenti e dell’assenza progressiva di luoghi sicuri. Le vittime erano cronisti palestinesi o corrispondenti di media internazionali già presenti nell’area dall’inizio del nuovo conflitto. L’accesso ad altri non è mai stato consentito. Domenica notte in un raid contro una tenda per giornalisti a Gaza City, di fronte all’ospedale Shifa, hanno perso la vita due reporter e tre cameramen di Al Jazeera e un freelance. Tra di loro Anas al-Sharif, l’obiettivo del raid, volto noto delle cronache di guerra, dipendente dell’emittente qatariota: secondo le forze armate occupanti era «un terrorista che agiva sotto mentite spoglie, essendo invece a capo di una cellula di Hamas che ha promosso piani di lancio di razzi contro cittadini e forze israeliani».
La condanna dell’attacco
L’agenzia delle Nazioni Unite per i diritti umani ha condannato l’attacco, «una grave violazione del diritto internazionale umanitario». A luglio il Comitato per la protezione dei giornalisti, che ha sede negli Stati Uniti, ha accusato l’esercito di Tel Aviv di aver condotto una «campagna diffamatoria» contro il corrispondente, presentandolo appunto come membro di Hamas.
«La prassi israeliana di etichettare i reporter come militanti, senza fornire prove credibili, solleva seri dubbi sulle sue intenzioni e sul suo rispetto per la libertà di stampa», ha denunciato Sara Qudah, direttrice regionale del Comitato. Israele aveva deciso nel maggio 2024 di vietare ad Al Jazeera di trasmettere nel Paese e di chiudere i suoi uffici, in seguito a un contenzioso di lunga data tra l’emittente qatariota e il governo Netanyahu, che si è inasprito durante la guerra in corso nella Striscia di Gaza.
La posizione di Netanyahu
Un conflitto di proporzioni enormi, «tra i più gravi bombardamenti del secolo» come li ha definiti il «New York Times», su una delle aree più popolate al mondo (5.600 abitanti per km quadrato prima del 7 ottobre 2023), generando decine di migliaia di vittime, oltre la metà donne e bambini, due milioni di sfollati, fame e malattie non curate per assenza di farmaci, la distruzione dell’80% degli edifici. La «vendetta poderosa» annunciata da Benjamin Netanyahu nel giorno del progrom di Hamas in Israele, con conseguenti, reiterati crimini sui civili. Il premier ora è disposto a sacrificare gli ostaggi per la piena occupazione del territorio.
La prima guerra senza profughi, perché la Striscia è sigillata
Non si può uscire e non sono ammessi giornalisti internazionali, un divieto che intralcia l’accertamento dei fatti. A documentarli sono i cronisti già presenti e i video che i gazawi condividono sui social. Ma ogni atto è oggetto di discussioni e contestazioni riguardo a responsabilità, dinamiche e obiettivi: pur in un’area pericolosissima e nella quale gli spostamenti sono difficili, gli inviati di guerra potrebbero aiutare a fare chiarezza almeno su vicende specifiche oltre che su sviluppi drammatici come la fame diffusa ma negata dal governo israeliano che al contempo però ha aumentato il numero dei camion di aiuti umanitari in ingresso nella Striscia (76 in questi giorni a fronte di un bisogno di 600). Domenica scorsa Netanyahu ha dichiarato di aver ordinato all’esercito di consentire a un maggior numero di giornalisti internazionali di lavorare sotto il controllo delle stesse forze armate nella Striscia. Finora questo tipo di ingressi dei cosiddetti «embedded» è stato molto limitato, in una condizione peraltro di libertà di movimento e di quindi di ricerca delle notizie assente.
Le persecuzioni dei giornalisti
Secondo l’organizzazione «Reporter senza frontiere», dallo scorso gennaio nel mondo sono stati uccisi 21 professionisti dei media e 564 arrestati. L’Ucraina è il secondo Paese al mondo per numero di giornalisti uccisi, superato solo dalla Palestina: più di 100 sono stati vittime di violenze dirette, almeno 31 uccisi, 35 feriti, 12 detenuti e due scomparsi, come evidenzia la stessa «Reporter senza frontiere».
Venerdì scorso a Kiev si sono svolti i funerali di Victoria Roshchyna, cronista ucraina di 27 anni morta in un carcere russo in seguito a torture e privazione del cibo: era stata arrestata nell’agosto 2023 mentre realizzava un reportage nella parte dell’oblast di Zaporizhzhia annesso militarmente da Mosca. Il corpo venne restituito ai familiari sei mesi dopo il decesso della cronista, privo di alcuni organi. La libertà di vedere e di informare è un bene da tutelare sempre, tanto più laddove la vita dei popoli è in grave pericolo, per dare voce alle vittime senza voce.
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