Giustizia e riforme, Meloni firma la tregua

Politica interna. Giorgia Meloni rimette sul giusto binario il suo rapporto con il ministro Guardasigilli ricevuto a Palazzo Chigi con sorrisi a favore di telecamere e fotografi. Nello stesso tempo Nordio fa la pace con i giudici di fronte a Mattarella.

Sintesi di una giornata politica che, per quanto oppressa dai mille problemi che il governo sta cercando di affrontare, si è comunque articolata proprio intorno all’inesauribile tema dell’amministrazione giudiziaria e delle intercettazioni. Ricorderete che era stato Nordio ad accendere le polveri annunciando in Parlamento un riforma che dovrebbe ridimensionare l’uso delle intercettazioni di nuova e vecchia generazione (l’ultimissima prevede il «trojan» che spia una casa anche quando il cellulare o il pc sono spenti) limitandole ai reati di mafia, terrorismo e poco più per evitare l’abuso delle paginate di giornali che mettevano in piazza affari privati di cittadini estranei alle inchieste ma pizzicati al telefono con un indagato, soprattutto «eccellente». Questa prevedibilissima posizione di Nordio (sono decenni che protesta per lo strapotere dei suoi colleghi pm, praticamente dai tempi di Tangentopoli) ha subito innescato due tipi di reazione: una, proveniente dal fronte diciamo giustizialista (5 Stelle, sinistra radicale, giornali fiancheggiatori, ecc.) e un’altra da quella parte delle stesse forze di maggioranza, anche dentro Fratelli d’Italia, che non condivide il garantismo del ministro.

Essendo stato Nordio candidato al Parlamento per fare il Guardasigilli da Giorgia Meloni in persona, quest’ultima si è trovata in un certo imbarazzo di fronte alle critiche di alcuni dei suoi, peraltro puntualmente rintuzzati dai garantisti storici del centrodestra, cioè dai berlusconiani. Sicché la presidente del Consiglio prima ha un po’ frenato Nordio («Nessuna polemica coi giudici, vogliamo riforme di buon senso e condivise») poi gli ha rinnovato la fiducia («mai venuta meno») e quindi, per sancire la pace ritrovata, l’ha voluto incontrare a Palazzo Chigi nello stesso giorno in cui il ministro doveva fare il suo discorso alla Corte di Cassazione per la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. Lì Nordio, auspice il Capo dello Stato Mattarella, ha firmato in pubblico la pace con i suoi colleghi: «Prima di fare le riforme ascolteremo voi e gli avvocati - ha promesso - e poi andremo in Parlamento». Naturalmente, ha precisato, «noi vogliamo assicurare la tutela della sicurezza dei cittadini e la garanzia dei loro diritti», cioè la quadratura del cerchio mai veramente trovata dai tempi di Davigo e Di Pietro in avanti. Ma tant’è. Immediato il «compiacimento» del presidente del sindacato dei giudici, l’Anm, Giuseppe Santalucia. Anche Berlusconi ha voluto dire la sua, da garantista ante litteram: «Le intercettazioni sono utili ma attenzione a non diventare come la Cina». In ogni caso, pace fatta davvero?

Colpiscono due elementi. Il primo è che in questo stesso giorno la leghista Giulia Bongiorno, plenipotenziaria di Salvini sulla giustizia, ha annunciato un disegno di legge del Carroccio per la separazione delle carriere dei magistrati. Come il lettore sa, è un argomento che - al pari delle intercettazioni - appena lo si tocca scattano subito le sirene da tutte le Procure d’Italia. Curioso che proprio mentre Meloni e Nordio firmano la tregua con le toghe (mostrando così di aver abbandonato i toni barricaderi dell’opposizione) la Lega getta sul tavolo un tema tanto esplosivo. Del resto è la stessa Lega che ha fatto il colpaccio di far eleggere alla vicepresidenza del Consiglio superiore della magistratura un proprio protetto, l’avvocato Fabio Pinelli, rovinando i piani di Meloni, che pare se ne sia alquanto adontata.

© RIPRODUZIONE RISERVATA