Guerre a pezzetti, il rischio si estende

ESTERI. E adesso? Dopo che gli Houthi dello Yemen, per mesi, hanno minacciato con le armi il traffico navale commerciale nel Mar Rosso e in particolare nello stretto di Bad al-Mandeb, sequestrando una petroliera e costringendo molte compagnie occidentali a scegliere rotte più lunghe e più costose.

E dopo che, nelle scorse ore, le forze aeree e navali di Usa e Gran Bretagna, con l’appoggio di altre nazioni, hanno duramente colpito le basi Houthi; dopo tutto questo, che cosa potrà succedere a partire da domani? In realtà, non pare che dobbiamo aspettarci grandi colpi di scena. Anche dopo le incursioni occidentali, gli Houthi mantengono un potenziale militare di un certo rispetto (circa 120mila uomini in armi e una vasta flotta di droni e barchini kamikaze) che vale, però, soprattutto a terra, sul territorio che conoscono benissimo. In aria e per mare i mezzi militari inglesi e americani, ora dispiegati nel Mar Rosso e nel Mediterraneo, sono più che attrezzati per neutralizzarli. D’altra parte l’insidia per le navi mercantili è ancora viva: per cancellarla bisognerebbe mettere gli stivali nella sabbia, ovvero agire via terra, con tutti i rischi che ciò, come abbiamo detto sopra, comporta. Rischi che nessuno sembra intenzionato a correre, soprattutto dopo una guerra che nello Yemen dura dal 2011 e dove si è già impantanata una coalizione di nove Paesi arabi sunniti guidati dall’Arabia Saudita.

Lo scenario più probabile, quindi, è che si vada avanti così, a scambiarsi colpi per conto terzi. Gli Houthi, infatti, proprio come Hezbollah in Libano e le milizie sciite in Iraq, sono armati, sostenuti e ispirati dall’Iran, che li usa per minacciare e colpire gli Usa e Israele evitando però di farsi coinvolgere in prima persona in un conflitto più ampio che lo vedrebbe di sicuro perdente. E gli iraniani non smetteranno certo di servirsene per ostacolare i piani di quelli che considerano i loro mortali nemici. Certo, gli Houthi giustificano le loro azioni con la solidarietà con Hamas e i palestinesi di Gaza, decimati dalle forze armate di Israele. Ma il quadro più generale è sempre quello: prima delle navi occidentali, i droni e i missili degli Houthi attaccavano l’Arabia Saudita, considerata troppo fedele alleata degli Usa quando ancora non aveva, con la mediazione della Cina, disteso i rapporti con l’Iran.

Per parte loro, gli Usa e i Paesi più pronti a seguirli in certe imprese militari (Regno Unito, Canada, Australia…) non vogliono mollare la presa. Le bombe sullo Yemen, al di là degli effetti sugli Houthi e sulla loro combattività, servono ad ammonire l’Iran e a ricordargli che cosa potrebbe succedere se tirasse troppo la corda: la potenza degli Usa, che come detto non viaggiano mai soli e di certo avrebbero tutto l’aiuto di Israele, nell’ipotesi peggiore per gli ayatollah potrebbe spazzar via le pur ragguardevoli forze armate iraniane, in quella migliore creare tutte le condizioni per un cambio di regime. Nello stesso tempo, Usa e alleati non possono mollare la presa: le turbolenze del Mar Rosso, con le difficoltà create al commercio internazionale e in particolare alle rotte tra Asia ed Europa, hanno subito portato in alto il prezzo del petrolio, che ora staziona sugli 80 dollari a barile. Le conseguenze sono pesanti per l’economia globale, soprattutto quella europea, ma anche per altri fronti di guerra. Un esempio: con il barile a 80 dollari, cioè 20 dollari sopra il «tetto» a suo tempo fissato dalle sanzioni del G7, la Russia guadagna parecchio, la sua macchina militar-industriale trova nuovo alimento e la pace in Ucraina si allontana.

Quel che più conta, però, è l’incapacità diffusa di contenere la conflittualità che pare estendersi a macchia d’olio sul pianeta. Pensiamo solo agli ultimissimi anni: il Donbass, poi l’Ucraina, quindi Gaza e Israele, ora lo Yemen e il Mar Rosso. E prima ancora, in un periodo un po’ più lungo, la guerra saudita nello Yemen, la Libia, la Siria, la Turchia e il Kurdistan. Della «terza guerra mondiale a pezzetti» parlò per primo Papa Francesco già nel 2014, avvertendo tutti con la sua voce profetica. Ora i potenti di tutti i Paesi dovrebbero smettere di ripetere quella frase per cominciare, finalmente, a fare qualcosa. Un pezzetto dopo l’altro.

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