I 75 anni della Nato, il pericolo alle porte

MONDO. «Una scelta lungimirante». Come si fa a non condividere le parole del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, sulla decisione 75 anni fa di fondare l’Alleanza atlantica oggi che la guerra è tornata ad insanguinare il Vecchio continente?

Mai l’Europa nella sua storia tempestosa ha vissuto un periodo così lungo di pace, pieno, però, di tensione ad iniziare dall’estenuante «contenimento» dell’Unione Sovietica e dei Paesi del Patto di Varsavia fino al loro scioglimento. Dopo il crollo del Muro di Berlino, nel novembre 1989, la Nato sembrava essere un «rudere della storia», un’istituzione fuori dal suo tempo, come vari leader dichiararono pubblicamente. Ed invece gli eventi del 2014 e ancor più lo scoppio del conflitto in Ucraina, il 24 febbraio 2022, hanno dimostrato che i pericoli, anche quelli più impensabili, sono sempre dietro l’angolo.

Se oggi vi è la concreta speranza di evitare il contagio ad altri teatri della tragedia, che osserviamo ad Est, essa è dovuta alla deterrenza rappresentata proprio dall’Alleanza atlantica. Un’organizzazione difensiva - non dimentichiamolo - che ha garantito la nascita e la crescita in sicurezza dell’Unione europea, che si è potuta così costruire come campione economico, democratico e difensore dei diritti e non come potenza militare, come era sempre avvenuto prima nella storia.

È proprio il famoso Articolo 5 del suo statuto a tenere lontani i malintenzionati. L’attacco anche ad uno solo dei suoi 32 membri, lo ricordiamo, è un attacco contro tutti gli altri che intervengono. Questa è la ragione per cui gli ex satelliti del Cremlino durante la Guerra Fredda - rimasti intrappolati tra le grinfie di Stalin dopo il 1945 - si rifugiarono in massa tra le braccia della Nato tra il 1999 e il 2004. In questo modo la Polonia, oggi la quinta economia dell’Ue, ha risolto i suoi spaventosi problemi geopolitici scoppiati con la terza spartizione nel 1795. Colpiva vedere ad inizio secolo la bandiera blu con la rosa dei venti della Nato sventolare affianco del vessillo nazionale davanti al palazzo presidenziale a Varsavia. Quella bandiera era un monito contro i prepotenti, lo ripetiamo, e la garanzia per un futuro migliore contrassegnato dalla pace.

Certi discorsi possono apparire lontani a noi italiani, che abbiamo goduto di decenni di pace e di libertà. Ma un po’ più ad est rispetto a noi, oltre quella che era un tempo la Cortina di ferro, non è così ancora oggi. Non per niente alcune settimane fa i soliti «propagandisti» senza vergogna hanno incominciato a mettere in dubbio l’applicazione dell’Articolo 5. «Figuriamoci - ci ha detto qualche giorno fa un amico moscovita succube della televisione federale - se qualcuno interviene nel caso noi russi sparassimo dei missili contro il Regno Unito». La reazione occidentale compatta, successiva al 24 febbraio, pare essere già stata dimenticata, la strada verso l’escalation è aperta. Oggi una delle maggiori chance di riportare la pace in Ucraina, svelano i diplomatici, è proprio l’adesione di Kiev alla Nato. Questa è una delle strade - invero pericolosissima - percorribile per fermare la tragedia. Nel frattempo i membri orientali della Nato invitano i partner a reintrodurre il servizio militare obbligatorio. Se non si vogliono usare le armi atomiche - i campi di battaglia ucraini lo dimostrano - c’è bisogno di tanti uomini a disposizione. È tempo che l’Europa si prepari al peggio. E il peggio è anche che gli Stati Uniti di Trump escano un domani dalla Nato. Allora sì che la deterrenza atlantica potrebbe venire meno. Ma per ora speriamo essa serva a spegnere l’incendio.

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